Come dovrebbe organizzarsi la Svizzera per garantire la propria sicurezza in futuro? Una commissione ha appena pubblicato un rapporto che propone di esplorare 100 raccomandazioni. Tra le 100 raccomandazioni si menziona l’aumento del bilancio svizzero per la difesa all’1% del PIL entro il 2030 (quando era del 0,7% nel 2022). La neutralità dovrebbe essere “applicata in modo più flessibile” e si parla di una più profonda cooperazione con la NATO. Si parla anche di abolire il divieto di esportazione di materiale bellico verso alcuni paesi e di unire la pubblica amministrazione e la protezione civile. La commissione, presentata come “pluralista”, ha lavorato per circa un anno ed è composta da esponenti del mondo politico, economico e scientifico, dell'amministrazione e dei Cantoni.
Il documento è stato presentato giovedì mattina dalla consigliera federale Viola Amherd e deve gettare le basi per una politica di sicurezza “che si adatti alle minacce e ai pericoli e tenga conto delle risorse, beneficiando al tempo stesso di un ampio sostegno in Svizzera e della considerazione necessaria all'estero”, scrive la Confederazione. Ma le speranze di consenso sul documento sembrano già compromesse in quanto le linee generali presentate dal capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport, partiti e associazioni hanno suscitato numerose critiche. A cominciare dall'UDC, secondo cui l’idea della neutralità svizzera che “va rivista” e il previsto riavvicinamento alla Nato vengono giudicati in modo particolarmente negativo.
Citando diversi accordi di difesa firmati con paesi stranieri dall'estate del 2023, il partito denuncia un rapporto e una cooperazione compiacenti che "minano la nostra sovranità in materia di difesa nazionale e distruggono gradualmente la neutralità della Svizzera". L’UDC ritiene che la strategia presentata giovedì “metta in pericolo negligentemente la sicurezza della popolazione svizzera”.
Anche i Verdi sono critici e denunciano “una farsa”. In sintesi, gli ambientalisti criticano la Commissione per il suo orientamento ideologico e per aver escluso alcune vie che promuovono la pace. Come l'UDC, anche loro criticano Viola Amherd per aver voluto imporre agli svizzeri un riavvicinamento alla NATO senza consultare Parlamento e cittadini. Il PS, pur accogliendo dei punti positivi, deplora anche la mancanza di pluralismo della commissione e sottolinea una contraddizione: “Sebbene si affermi giustamente che la probabilità di un attacco convenzionale contro la Svizzera è bassa, è proprio per questo improbabile scenario che il budget dell’esercito dovrebbe essere aumentato”.
Il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsA) si dice indignato e ritiene che il documento sia “un alibi” che serve soprattutto “gli interessi della lobby degli armamenti”. I Verdi liberali, dal canto loro, hanno accolto con favore il lavoro della commissione, giudicando che “l'accesso ai progetti di cooperazione con l'Ue e la Nato deve essere garantito”.