Pochi sono però coloro che parlano con cognizione di causa di questo problema. Ed è per questo motivo che ho deciso di intervenire su questo tema, avendo accumulato durante la mia passata attività politica una notevole esperienza in questo settore. Ho lanciato in totale sei iniziative popolari a livello cantonale e altre due come copromotore (nessuna delle quali sarebbe riuscita senza far capo a raccoglitori di firme a pagamento), tre iniziative e due referendum a livello comunale, e ho fatto parte attivamente del comitato di un referendum a livello cantonale e di due iniziative a livello federale, dedicando di persona (e gratuitamente) un migliaio di ore di lavoro per la raccolta delle firme un po’ in tutto il Cantone. Inoltre ho presentato una dozzina di ricorsi (tutti vinti) contro quei Municipi che, tramite le rispettive polizie comunali, frapponevano inutili, vessatori e anticostituzionali limiti di tempo e di luogo alla posa di bancarelle per la raccolta di firme, e ostacolavano perfino la raccolta di firme senza bancarella.
Siccome i giornalisti hanno la memoria corta, specie quando si tratta di render qualche merito al Guastafeste, a nessuno è venuto in mente – a parte Roberto Porta, che mi aveva invitato alla trasmissione radiofonica Millevoci : invito che ho respinto in quanto dopo il ritiro dall’attività politica per motivi di salute preferisco stare alla larga da dibattiti radiofonici o televisivi che mi fanno salire la pressione - di interpellarmi per raccogliere il parere di qualcuno che conosce la materia forse più di chiunque altro in Ticino, e che già una ventina di anni fa aveva previsto che l’introduzione del voto per corrispondenza avrebbe reso praticamente obbligatorio il ricorso a personale a pagamento per la raccolta di firme, e ciò non solo a livello nazionale ma in particolare nel nostro Cantone, dove tuttora – malgrado qualche insignificante allentamento – per la riuscita di iniziative e referendum vigono norme fra le più restrittive a livello nazionale, sia per il numero di firme richieste e sia per lo scarso tempo concesso per la loro raccolta.
Due iniziative del Guastafeste per agevolare i diritti popolari in Ticino
Proprio per parare il colpo dell’introduzione del voto per corrispondenza, e per evitare o limitare la necessità di far capo a del personale remunerato per la raccolta di firme – che per inciso incide notevolmente sulle finanze dei promotori di iniziative e referendum, i quali andrebbero semmai ringraziati e non biasimati per questa loro disponibilità – nell’aprile del 2005 avevo lanciato un’iniziativa costituzionale intitolata “Più potere al Popolo con diritti popolari agevolati” la quale chiedeva di portare il Ticino nella media nazionale sia per il numero di firme da raccogliere e sia per il tempo a disposizione per tale raccolta. In quell’occasione, cosa che nessuno si era premurato di fare in Ticino prima di allora, avevo elaborato delle tabelle che mettevano a confronto le regole in vigore in Ticino con quelle in vigore negli altri Cantoni, e che dimostravano come il nostro Cantone fosse nel complesso quello con le regole più restrittive. Le tabelle concernenti le iniziative costituzionali e legislative nonché i referendum, aggiornate al 2014, sono riportate nel manuale allegato alle pagine 47,48 e 49. In fondo a questo testo è riportata a mo’ di esempio la tabella, aggiornata al 2019, concernente le iniziative costituzionali.
Cito un esempio. Mentre che per la riuscita di un’iniziativa legislativa a Zurigo si chiedevano 2'000 firme (pari allora allo 0,7% dei cittadini con diritto di voto) da raccogliere in 6 mesi, in Ticino se ne chiedevano 7'000 (pari allora al 3,3 % dei cittadini) da raccogliere in soli 2 mesi. Malgrado questa evidente disparità, nel marzo del 2007 una ristretta maggioranza del Popolo (50,9%) bocciò questa ragionevole proposta, assumendosi dunque la responsabilità per la situazione creatasi ora. Per inciso ricordo che nel febbraio del 2019 il Popolo, questa volta su proposta del Gran Consiglio, aveva approvato un ridicolo aumento del tempo a disposizione per la raccolta delle firme a livello cantonale, portandolo da 45 a 60 giorni per i referendum e da due mesi a 100 giorni per le iniziative legislative e costituzionali. Una parziale rivincita per il Guastafeste, dunque, anche se il numero delle firme richieste non è stato diminuito e rimane eccessivo! Mi fa dunque piacere sentire che oggi v’è chi propone di alleggerire le norme per la riuscita di iniziative e referendum quale rimedio contro la raccolta di firme a pagamento, dando così ragione al Guastafeste, la cui lungimiranza in questa materia non finisce certo qui, come dimostrerò in seguito.
Nel settembre del 2007, sei mesi dopo quella sconfitta, lanciai un’altra iniziativa legislativa (intitolata “Per diritti popolari agevolati e flessibili nei Comuni”) che proponeva stavolta di alleggerire le norme in vigore a livello comunale per la riuscita di iniziative e referendum, ad esempio riducendo il numero delle firme necessarie dal 20 al 15% dei cittadini aventi diritto di voto e aumentando il tempo a disposizione per la raccolta: da 2 a 3 mesi per le iniziative ( oggi tale limite è di 100 giorni ) e da 30 a 45 giorni per i referendum (oggi tale limite è di 60 giorni). Nell’aprile del 2009 il Gran Consiglio, con qualche leggera modifica, approvò questa iniziativa, che entrò così in vigore nel luglio dello stesso anno senza una votazione popolare. Ma senza l’impiego di raccoglitori di firme a pagamento, quell’iniziativa che ha reso meno difficile l’esercizio della democrazia diretta a livello comunale non sarebbe riuscita.
Il manuale del Guastafeste sul sito www.ilguastafeste.ch dal 2015
La battaglia per agevolare l’esercizio dei diritti popolari in Ticino, di cui son fiero di aver fatto ampio uso ottenendo ottimi risultati che in altri Paesi sarebbe stato impossibile conseguire, è stata certamente quella che maggiormente ha contraddistinto la ventennale attività politica del Guastafeste nel periodo fra il 1999 e il 2021. E se ho deciso di scrivere questa presa di posizione non è solo per ribadire l’importanza (e la necessità) dei raccoglitori di firme a pagamento, ma è anche per ricordare agli smemorati il ruolo svolto dal Guastafeste in questo vitale settore della nostra democrazia.
Dopo aver accumulato una notevole esperienza in questo campo, un giorno mi son detto che sarebbe stato un peccato non trasmettere ad altri cittadini interessati queste mie conoscenze. E così le ho riunite in un “Manuale per il lancio di iniziative popolari cantonali in Ticino” che ho pubblicato nel giugno del 2015 sul sito www.ilguastafeste.ch (lo si trova in fondo alla lista dei titoli che figurano in ordine cronologico nella home page). Si tenga presente che dall’epoca della sua pubblicazione sono trascorsi 9 anni e che nel frattempo sono entrate in vigore alcune piccole modifiche legislative, fra cui ad esempio quella concernente il tempo a disposizione per la raccolta di firme (che è stato aumentato da 2 mesi a 100 giorni per le iniziative e da 45 a 60 giorni per i referendum). Inoltre alla pagina 5, dove ho elencato tutte le iniziative lanciate dal Guastafeste a livello cantonale, manca quella intitolata “Le vittime di aggressioni non devono pagare i costi di una legittima difesa”, lanciata nella primavera del 2016 e approvata dal popolo in seconda battuta nel settembre del 2021, dopo che il Tribunale federale, accogliendo un ricorso del sottoscritto, aveva annullato la prima votazione riconoscendo che l’informazione fornita dal Consiglio di Stato era stata “poco oggettiva e in parte tendenziosa.”
Il manuale, che, come scrivo nell’introduzione, è una sorta di testamento politico del Guastafeste, conta 106 pagine, una quarantina delle quali riportano alcuni dei ricorsi – utili per tutti i casi simili - che avevo inoltrato contro quei Municipi che in vari modi ostacolavano la raccolta delle firme, incuranti del fatto che si tratta di un diritto costituzionale.
Nel manuale spiego passo per passo, e con dovizia di particolari, le procedure da seguire e gli ostacoli da superare per il lancio di un’iniziativa a livello cantonale; enumero inoltre le varie possibilità – tutte sperimentate di persona - per raccogliere firme, soffermandomi in particolare sull’impiego di raccoglitori a pagamento (a pagina 10 scrivo che è da sconsigliare un pagamento basato sulle ore di lavoro, perché poco incentivante, ma ciò vale per i raccoglitori di firme occasionali e non per quelli assoldati a tempo pieno da certe società d’oltre Gottardo); riporto alcune mie lettere pubblicate dal CdT negli anni 2012-2013 proprio sul tema delle firme a pagamento, e nelle pagine da 28 a 33 pubblico pure una serie di mie segnalazioni per denunciare errori e manchevolezze commesse dai Comuni in materia di vidimazione delle firme e di spedizione delle stesse alla Cancelleria dello Stato entro i termini di legge, a danno dei promotori di iniziative e referendum. Consiglio ai preposti funzionari di leggersi bene queste pagine.
Per facilitare il compito dei giornalisti, dei politici e delle autorità comunali, cui questa mia presa di posizione è diretta, allego una versione del manuale in cui ho evidenziato con il colore blu quei passaggi che possono essere utili nel dibattito attualmente in corso sulla raccolta delle firme, attirando l’attenzione dei lettori soprattutto sulle pagine 9,10,11,12, 35 e 36.
Lascio agli interessati la lettura dei testi indicati limitandomi a mettere in evidenza tre passaggi.
Come scoraggiare eventuali abusi dei raccoglitori di firme
Alla pagina 12 del manuale sottolineo l’importanza di istruire i raccoglitori di firme sia sul tema dell’iniziativa (o referendum) e sia sulle modalità di raccolta delle firme. E aggiungo: “è importante che ogni collaboratore contrassegni con una propria sigla (ad esempio le prime quattro lettere del cognome) ogni lista, in modo da consentire alla centrale operativa i necessari conteggi e controlli, scoraggiando eventuali raccoglitori poco seri che sanno di poter essere identificati in caso di abusi o di un eccessivo numero di firme non valide”.
Ecco, con questa semplice precauzione, che ho sempre messo in atto per tutte le mie iniziative, io evitavo il pericolo di firme false da parte dei raccoglitori, anche se – cosa che nei dibattiti non ho sentito - tale possibilità sussiste ad esempio per le firme che vengono inoltrate per posta da cittadini sconosciuti in vena di fare scherzi o di danneggiare i promotori. Inoltre, grazie a questa possibilità di controllo, io ero in grado di pagare i raccoglitori non per tutte le firme da loro raccolte, ma solo per quelle che risultavano valide dopo la vidimazione da parte delle Cancellerie comunali, incentivandoli così a lavorare bene: e anche questo è un aspetto interessante di cui non si è parlato nei dibattiti.
Se qualcuno si fosse preso la briga di leggere e di mettere in pratica questo ed altri suggerimenti contenuti nel mio manuale, ora forse non saremmo qui a discutere di vietare la raccolta di firme a pagamento solo perché alcune società commerciali hanno truffato o si sono fatte truffare da raccoglitori disonesti e inaffidabili e non sottoposti ad alcun controllo.
Mi ha fatto piacere che durante la trasmissione “La domenica del Corriere” andata in onda domenica 15 settembre e dedicata allo scandalo delle firme false, il consigliere nazionale Bruno Storni, dopo aver ammesso che con l’introduzione del voto per corrispondenza è più difficile raccogliere firme e che i militanti non ce la fanno più, ha lanciato l’idea di fare in modo che sul formulario per la raccolta delle sottoscrizioni figuri anche chi ne è responsabile. Il Corriere del Ticino, nell’edizione del 16 settembre, ha dedicato a tale idea un titolo a cinque colonne. Qualcuno riconoscerà che anche su questa geniale quanto semplice idea il Guastafeste è stato lungimirante, mettendola già in atto in tempi non sospetti e sottolineandone l’importanza nel manuale pubblicato 9 anni fa?
Firmare i formulari direttamente nelle Cancellerie comunali?
Durante la già citata trasmissione radiofonica “Millevoci”, un cittadino ha telefonato al moderatore del dibattito lanciando l’idea di consentire ai cittadini di firmare iniziative e referendum direttamente agli sportelli della loro Cancelleria comunale. Un’idea accolta come interessante dal moderatore, ma che per il Guastafeste non era certo una novità. Ciò che il cittadino in questione e il moderatore non sapevano è che già oggi, anche se pochi lo sanno e ancor meno lo praticano, l’articolo 97 cpv 2 e 3 della Legge sull’esercizio dei diritti politici - come ricordo in fondo alla pagina 10 del mio manuale (rispetto ad allora l’articolo di riferimento è stato modificato) - stabilisce che “i promotori possono deporre le liste nelle cancellerie comunali affinché vengano messe a disposizione dei cittadini, nelle ore di apertura della cancelleria comunale” e che il giorno successivo all’avvenuto deposito “ la cancelleria comunale annuncia l’avvenuto deposito nonché gli orari di apertura della cancelleria comunale, mediante pubblicazione all’albo”.
Essendo stato uno dei pochi o forse l’unico a utilizzare questa pur interessante possibilità a livello cantonale, posso confermare con cognizione di causa quanto ho scritto nel manuale, e cioè che questo sistema di raccolta non rende molto ( 100-200 firme), innanzi tutto perché poco conosciuto dalla popolazione e dagli stessi promotori di iniziative e referendum, e poi perché in certi Comuni i formulari non sono esposti in bella evidenza ma bisogna richiederli, incontrando a volte delle difficoltà (come nel 2007 mi era stato segnalato da un cittadino di Bellinzona: vedi nota in fondo alla pagina 22 del manuale). Certo, questo sistema potrebbe funzionare meglio se venisse adeguatamente pubblicizzato dalla stampa e dai Comuni e se divenisse una consuetudine quella di mettere a disposizione dei cittadini, e possibilmente in bella vista, i formulari per tutte le iniziative o tutti i referendum in corso (o almeno, se agli sportelli della Cancelleria comunale manca lo spazio, per quelli lanciati a livello cantonale e comunale) e non solo quelli depositati su richiesta dei promotori.
Grazie al Guastafeste formulari pubblicati sul sito dell’Amministrazione cantonale
Un’altra possibilità per procurarsi i formulari da firmare standosene comodamente a casa, per chi possiede un computer, è quella di scaricare il formulario per un’iniziativa o un referendum in corso direttamente dal sito dell’amministrazione federale o di quella cantonale. E anche in questo caso il Guastafeste non solo è stato lungimirante ma ha svolto un ruolo decisivo a livello cantonale. Come ricordo a pagina 37 del manuale, nel giugno del 2003 trasmisi una petizione al Consiglio di Stato chiedendo per l’appunto che, sull’esempio di quanto già faceva la Confederazione, anche il Cantone offrisse ai promotori di iniziative e referendum la possibilità di poter pubblicare (gratuitamente) i formulari per le firme direttamente sul sito del Cantone. Nel febbraio del 2004 venni invitato a Bellinzona a visionare in anteprima il modello elaborato dai tecnici, che entrò poi in vigore in sordina (guai a riconoscere meriti al Guastafeste…) nel marzo dello stesso anno.
Però, come riportato a pagina 10 del manuale, i risultati pratici di questa pur interessante, comoda e moderna possibilità sono stati insignificanti, con poche decine di firme pervenutemi per ogni mia iniziativa. Ecco un’altra possibilità che potrebbe avere più successo se adeguatamente pubblicizzata dalla stampa e dalle autorità politiche. Ma si deve tener conto del fatto che la gente è pigra e generalmente si limita a firmare le iniziative se vien loro richiesto nelle piazze da qualche raccoglitore o se gli si invia a casa i formulari. Pochissimi sono invece i bravi cittadini che si attivano a cercare su internet i formulari da firmare, o che si recano appositamente alla Cancelleria del proprio Comune per sottoscrivere un’iniziativa o un referendum. Il modo più efficace e meno dispendioso per la riuscita di una raccolta di firme è ancora quello del contatto diretto fra i cittadini ed i raccoglitori di firme, che però devono essere adeguatamente istruiti sul tema per il quale stanno raccogliendo firme, in modo da rispondere in modo corretto alle domande dei cittadini.
Ecco le conseguenze negative del voto per corrispondenza
Per coloro che, non avendo mai lanciato un’iniziativa o un referendum e non avendo mai raccolto firme di persona, non capiscono, o fanno finta di non capire, che alla base di tutti questi problemi vi è soprattutto il voto per corrispondenza introdotto a tappe – a partire dal 2004 per tutte le votazioni federali e cantonali e per le elezioni nazionali, e a partire dal 2015 (in Ticino) per tutte le elezioni cantonali e comunali – mi sembra doveroso dare alcune spiegazioni.
Quando non esisteva il voto per corrispondenza tutti i cittadini che volevano votare per qualsiasi votazione o elezione dovevano recarsi negli appositi locali del loro Comune, che, al momento del voto, rimanevano aperti per poche ore al venerdì, al sabato e alla domenica. A quei tempi era abbastanza facile trovare dei volontari disposti a lavorare solo 3 o 4 ore per raccogliere firme alle bancarelle allestite davanti ai locali di voto. E la raccolta funzionava bene perché in un breve lasso di tempo un gran numero di cittadini transitava davanti a queste bancarelle, dove era possibile raccogliere dalle 30 alle 70 firme all’ora. Inoltre tutti questi cittadini avevano diritto di voto e risiedevano nello stesso Comune, per cui il 100% delle firme era valido. Con una buona organizzazione, e posando delle bancarelle in una ventina dei Comuni più grossi, era possibile raccogliere in un fine settimana dalle 4'000 alle 6'000 firme (sulle 7'000 necessarie in Ticino per la riuscita di un’iniziativa legislativa e sulle 10'000 necessarie per un’iniziativa costituzionale), e quasi senza spese.
Con l’introduzione del voto per corrispondenza tutte queste facilitazioni sono scomparse, perché ai seggi non ci va più nessuno. E allora tutte le firme bisogna andare a cercarle nelle strade e nelle piazze del Cantone, dove fra l’altro il lavoro è reso più complicato dalla necessità di suddividere i firmatari in base al Comune di domicilio (per ogni Comune occorre un formulario diverso). Lavorando ad esempio per otto ore in Piazza Dante a Lugano, che è la piazza più redditizia a livello cantonale, un buon raccoglitore può raccogliere un centinaio di firme (pari a 10-12 firme all’ora). Al mercato di Bellinzona, quando ancora si potevano posare le bancarelle politiche su Viale Stazione anziché nell’adiacente vicolo Torre, si potevano raccogliere 100-120 firme in quattro ore: peccato però che il mercato si svolge solo una volta alla settimana.
Se fate bene i conti vi accorgerete che occorre dunque lavorare per almeno 600 ore all’aria aperta – sperando nella clemenza del tempo - per raccogliere in 100 giorni (o 60 per i referendum) le 7'000 firme che servono per un’iniziativa legislativa, e ci vorrebbero almeno 800 ore per raccogliere le 10'000 firme necessarie per un’iniziativa costituzionale.
Comprensibilmente però non si trovano più persone disposte a lavorare a gratis per così tanto tempo, e dunque - a meno di ridurre il numero delle firme e aumentare i tempi a disposizione per la loro raccolta - i promotori di iniziative e referendum devono forzatamente assumere raccoglitori a pagamento se vogliono riuscire nella loro impresa. E devono essere pronti a spendere attorno ai 10'000/15’000 franchi. Vietare questa possibilità, che non è comunque alla portata di tutti, significherebbe, specialmente in Ticino, decretare la fine della democrazia diretta.
Firme falsificate e firme annullate per errori commessi dai firmatari
Va detto che, proprio a seguito delle modifiche nella raccolta di firme intervenute a seguito del voto per corrispondenza, il numero delle firme dichiarate non valide dalle Cancellerie comunali è aumentato, attestandosi in genere attorno a un fisiologico 10%. Eh sì, perché un conto era raccogliere davanti ai locali di voto le firme dei cittadini che si recavano a votare, e che erano tutte valide; e un altro conto è raccogliere firme nelle piazze, dove v’è chi firma pur non avendone diritto (perché straniero o minorenne: costoro possono sottoscrivere delle petizioni ma non iniziative e referendum) o dove v’è chi firma dimenticandosi di aver magari già firmato da un’altra parte. Altre firme, solitamente inviate per posta ai promotori, vengono annullate perché il cittadino si è dimenticato di apporre la sua firma o di inserire la data di nascita, o perché ha firmato sul formulario di un Comune in cui non è domiciliato (se ad esempio un formulario con 10 firme, di cui tre luganesi e il resto di cittadini domiciliati in altri Comuni, viene inviato per la vidimazione alla Cancelleria comunale di Lugano, questa convaliderà solo le tre firme luganesi e annullerà le altre sette, anche se regolari).
Quindi, attenzione, politici e giornalisti: quando si parla di scandalo delle firme false non si devono ingigantire le cose nell’intento di fare uno scoop o per fini ideologici; occorre fare una distinzione fra le firme annullate perché falsificate a scopo di lucro e quelle – che per un’iniziativa federale ammontano di regola anche a oltre 10'000 - che invece sono state annullate dai Comuni per i vari motivi sopra descritti, perché dovuti a errori commessi in buona fede e senza alcun scopo di lucro dai firmatari (senza colpe dei raccoglitori di firme, come ho potuto sperimentare di persona). Gli autori delle falsificazioni vanno perseguiti penalmente e le società per cui lavorano vanno monitorate e regolamentate, ma non si deve fare di ogni erba un fascio colpendo indiscriminatamente – con un divieto di raccogliere firme a pagamento – tutti coloro che operano in modo corretto a favore della democrazia diretta.
Del resto anche il politologo Nenad Stojanovic, in un’intervista pubblicata sul settimanale “La Domenica” dello scorso 8 settembre, ha ammesso che una volta era contrario alla raccolta di firme a pagamento, ma dopo aver fallito una raccolta di firme per un referendum ( ecco cosa significa parlare con cognizione di causa) si è reso conto che era difficilissimo aver successo senza il sostegno di un partito, o di un sindacato o di un’associazione che disponga dei mezzi necessari, e che “senza l’acquisto di firme ci sarebbero molti meno referendum e iniziative che arriverebbero alle urne e questo sarebbe una perdita per la nostra democrazia”. Per cui oggi non sarebbe d’accordo di vietare la raccolta di firma a pagamento, ma semmai “si dovrebbe regolamentare l’attività di quelle società attive in questo settore, obbligandole a registrare i loro lavoratori, con dei contratti, un salario orario e i contributi sociale”.
Una proposta che potrei condividere nei confronti di quelle società che lucrano sulla raccolta di firme, ma non per quei comitati promotori che fanno capo temporaneamente a delle persone (solitamente studenti, pensionati o casalinghe), che occasionalmente raccolgono firme a pagamento (in generale poche decine o poche centinaia di firme) per concedersi qualche sfizio in più: una regolamentazione in questo settore creerebbe ulteriori inutili difficoltà burocratiche ai promotori.
La polizia ostacola i raccoglitori di firme
Come se non bastassero le ulteriori difficoltà provocate ai promotori di iniziative e referendum dall’introduzione del voto per corrispondenza (non compensata da una diminuzione delle firme da raccogliere) va poi aggiunto che proprio nei Comuni più grossi, dove i Municipi hanno delegato alla polizia il rilascio di autorizzazioni per la posa di bancarelle, spesso e volentieri la polizia – ignorante della giurisprudenza in questa materia per mancanza di un’adeguata istruzione - pone limiti di tempo e di luogo ingiustificati e anticostituzionali per l’esercizio di tale attività, complicando ancor più la raccolta di firme (e qui invito le autorità e le polizie comunali a leggere attentamente i ricorsi pubblicati nel manuale).
Ancora nelle scorse settimane la polizia comunale di Bellinzona ha ostacolato una persona che, legittimamente, durante il mercato, raccoglieva firme senza una bancarella e dunque senza fare un’occupazione del suolo pubblico che avrebbe necessitato di un’autorizzazione formale. E’ vero che nell’area in cui si svolge il mercato vige un divieto municipale di raccogliere firme, ma con ogni evidenza il diritto costituzionale ha una valenza superiore rispetto a quella poco democratica Ordinanza municipale. O no?
A tal proposito ricordo che secondo il Tribunale federale (sentenza del 24 giugno 1970: DTF 96 I 586 e DTF 135 I 302 consid. 3 pag. 306) la raccolta delle firme senza bancarella è libera e non necessita di alcuna autorizzazione, e ricordo pure che l’autorizzazione a posare una bancarella in un punto scelto dal raccoglitore perché consente una buona visibilità, può essere negata SOLO E UNICAMENTE se vi sono motivi PREPONDERANTI E COMPROVABILI di ordine pubblico, di sicurezza o di igiene. Quindi v’è da augurarsi che durante il mercato di Bellinzona le bancarelle per la raccolta di firme possano tornare in bella vista lungo il Viale Stazione, a margine delle bancarelle commerciali, dove non disturbano nessuno (vedi miei ricorsi vincenti pubblicati nel manuale alle pagine 99 e 103).
L’invio dei formulari a tutti i fuochi è troppo costoso per rapporto ai risultati
Qualcuno potrebbe obiettare che vi sono anche altri metodi per raccogliere le firme senza dover ricorrere a del personale a pagamento. Li ho già sperimentati tutti, ma, o sono troppo cari o non funzionano. Ad esempio nel 2012 per l’iniziativa costituzionale intitolata “Avanti con le nuove città di Locarno e di Bellinzona” avevo investito 16'000 franchi per la stampa e la spedizione di formulari a 103'000 fuochi. Risultato? Sono pervenute solo 1'500 firme, con un costo dunque di 11 franchi per firma (vedi manuale pag. 10). Con quei soldi, remunerando i raccoglitori con 2 franchi per firma, avrei raccolto 8'000 firme. Certamente chi, come i sindacati, i grossi partiti e le grosse associazioni, dispone di decine o centinaia di migliaia di franchi da utilizzare a tal scopo, può anche sfruttare questa possibilità: ma con un divieto di raccogliere firme a pagamento la democrazia diretta sarebbe sempre più appannaggio solo di pochi.
La lungimirante petizione del Guastafeste per introdurre la raccolta elettronica delle firme
Fra le proposte avanzate in questi giorni per far fronte allo scandalo delle firme false ed evitare la raccolta di firme a pagamento, vi è anche quella di consentire la raccolta elettronica delle firme. Una bellissima idea: tanto bella che il Guastafeste – mi spiace di essere ripetitivo - l’aveva già proposta il 29 gennaio 2019, cioè poco prima che esplodesse la pandemia del Covid, con una petizione al Consiglio di Stato intitolata “Raccolta elettronica delle firme per referendum e iniziative: una rivoluzione importante per la democrazia”. Stranamente nei dibattiti in corso nessuno si è ricordato di citare questa petizione. Per ovviare a questi vuoti di memoria concernenti le proposte del Guastafeste allego a questa presa di posizione sia la petizione e sia la risposta del CdS.
“Una simile innovazione – scrivevo nella petizione - giustificherebbe di mantenere l’attuale elevato numero di firme senza allungare i tempi di raccolta delle stesse, come chiedono gli avversari di qualsiasi anche pur minima agevolazione delle restrittive regole attuali. E allo stesso tempo renderebbe più accessibile ai comuni cittadini l’esercizio dei loro diritti popolari, diminuendo notevolmente i costi (oggi in gran parte destinati al pagamento dei raccoglitori di firme e alla stampa e spedizione di formulari) e semplificando le operazioni di convalida delle firme (a vantaggio anche degli uffici comunali preposti alla vidimazione delle firme)”. Parole quasi profetiche, non vi pare?
Nella sua risposta possibilista del 13 ottobre 2021 il Consiglio di Stato tenne a sottolineare che “l'introduzione della possibilità di sottoscrivere in forma elettronica iniziative e referendum presuppone l'istituzione di un sistema di identificazione elettronica del cittadino” e ricordò che in data 21 settembre 2021 il Consiglio nazionale aveva accolto un postulato della sua Commissione delle istituzioni politiche riguardante questo tema (postulato n. 21.3607 intitolato "Raccolta elettronica delle firme per le iniziative e i referendum"). Il postulato in questione chiedeva di incaricare il Consiglio federale di stilare un rapporto concernente la raccolta elettronica delle firme che ne illustrasse in particolare le implicazioni sotto il profilo istituzionale e le possibili ricadute sul sistema politico della Svizzera.
Da notare che il postulato era stato presentato nel maggio del 2021 (ossia un paio d’anni dopo la petizione del Guastafeste, ancora una volta dimostratosi lungimirante…), cioè proprio in pieno periodo Covid, quando le misure di sicurezza introdotte per far fronte alla pandemia (distanza sociale, mascherine, disinfezione mani) avevano reso ancor più complicato, difficile e costoso l’esercizio dei diritti popolari e la raccolta di firme in tutta la Svizzera. E’ ragionevole pensare che proprio queste oggettive difficoltà avevano indotto in quel periodo certe società commerciali, o certi raccoglitori alle loro dipendenze – le cui perdite finanziarie al contrario di altri settori non venivano forse rimborsate dallo Stato - a falsificare le firme per disperazione. Il che ovviamente non giustifica la gravità di quanto successo, ma aiuta a spiegarlo.
Con la raccolta elettronica delle firme anche questi ostacoli alla democrazia diretta dovuti a eventuali pandemie sarebbero risolti. A proposito, proprio negli scorsi giorni la stampa (cfr. Corriere del Ticino e La Regione dell’11 settembre) ha informato che l’identità elettronica (e-ID) dovrebbe diventare realtà nel 2026: il progetto governativo che già era stato approvato dal Consiglio nazionale ha infatti incontrato il consenso pure del Consiglio degli Stati. Quindi anche il Consiglio di Stato ticinese potrebbe avviare i preparativi per introdurre fra un paio di anni la possibilità della firma elettronica, non solo per votare ma anche per firmare iniziative o referendum, o no?
Le firme false non sono un pericolo per la democrazia, semmai il divieto di remunerare i raccoglitori
Vi sono politici, non a caso vicini o molto vicini ai sindacati, che al grido di “la falsificazione delle firme mette in pericolo le nostre istituzioni e la democrazia” (BOOOM!!!) chiedono a viva voce, e non del tutto disinteressatamente, di vietare la raccolta delle firme a pagamento, non rendendosi conto, o forse sì, che proprio un divieto del genere metterebbe in pericolo la democrazia diretta a vantaggio di chi – come ad esempio i sindacati – non avrebbe difficoltà a raccogliere le firme necessarie disponendo di personale stipendiato per svolgere anche questa attività e disponendo di ingenti risorse finanziarie per la stampa e l’invio a tutti i fuochi di centinaia di migliaia o di milioni di formulari.
E il peggio è che molti giornalisti, forse perché non conoscono bene la materia o forse per motivi ideologici, danno l’impressione di appoggiare in modo acritico questi politici, facendo da megafono alle loro richieste. Per quanto riguarda la stampa scritta fanno eccezione ad esempio l’editoriale di Giovanni Galli intitolato molto opportunamente “Firme, e rattoppi peggiori del buco” pubblicato sul CdT del 7 settembre scorso e l’articolo del direttore del Mattino della domenica, Lorenzo Quadri, intitolato “Democrazia sotto attacco” pubblicato sul Mattino dell’8 settembre scorso.
Le firme false sono certamente un fatto grave e da punire, ma non rappresentano un pericolo per la democrazia, perché in ogni caso – come bene ha detto il consigliere nazionale Alex Farinelli durante la già citata trasmissione “La domenica del Corriere” andata in onda lo scorso 15 settembre - “la raccolta delle firme sfocia sempre in un voto popolare, non è ancora una decisione finale
Requiem per la democrazia diretta a Ginevra e Neuchâtel
I Cantoni di Ginevra e di Neuchâtel hanno già introdotto un divieto di raccogliere firme a pagamento per iniziative e referendum a livello cantonale e comunale, e guarda caso questi due Cantoni sono fra quelli che, assieme al Ticino, hanno le regole fra le più restrittive per la riuscita di iniziative e referendum, come si può constatare dando un’occhiata alle tabelle pubblicate alle pagine 47,48 e 49 del manuale e alla tabella pubblicata qui in fondo.
In questi Cantoni, guarda caso assai rossoverdi, è dunque evidente il tentativo di rendere praticamente impossibile l’accesso all’esercizio dei diritti popolari ai normali cittadini e ai piccoli partiti. Forse in questi Cantoni l’utilizzo di raccoglitori di firme a pagamento si era reso necessario proprio a causa dell’elevato numero di firme richieste, e dunque si è preferito vietare la raccolta remunerata delle firme anziché diminuire il numero delle firme necessarie. Con tanti saluti alla democrazia diretta! E’ questo che si vorrebbe fare a livello nazionale e magari anche in Ticino?
Alcune proposte del Guastafeste
Per limitare il fenomeno delle firme a pagamento – in attesa dell’introduzione della raccolta elettronica delle firme - sarebbe opportuno: 1) alleggerire le regole per la riuscita di iniziative e referendum, che in certi Cantoni (Ticino in primis) sono troppo restrittive - 2) indurre i promotori di iniziative e referendum a introdurre misure per controllare l’operato dei singoli raccoglitori - 3) facilitare anziché ostacolare con limitazioni di tempo e di luogo stupide, ingiustificate e anticostituzionali la posa di bancarelle su suolo pubblico - 4) promuovere la possibilità di firmare iniziative e referendum agli sportelli delle Cancellerie comunali o di scaricare i formulari dal sito dell’amministrazione cantonale.
Cos’è che mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni?
A minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni non sono le firme false (se qualcuno ha commesso un reato penale va punito, senza penalizzare tutti), ma semmai sono certe giravolte dei politici e dei giudici per non mettere in pratica talune sgradite iniziative popolari approvate dal Popolo (specie nel settore dell’immigrazione, degli asilanti e dell’espulsione di criminali stranieri), nonché le informazioni “non oggettive” e “in parte tendenziose”, o basate su cifre e previsioni errate, emesse dal Governo federale e da qualche Governo cantonale per indurre i cittadini a votare a favore o contro oggetti posti in votazione popolare.
Ultimo esempio in ordine di tempo la votazione federale del 2022, quando una ristretta maggioranza di cittadini decise di innalzare l’età del pensionamento delle donne dai 64 ai 65 anni basandosi anche su previsioni finanziarie poi rivelatesi errate - notizia di pochi giorni fa - per 2 miliardi e mezzo di franchi. Personalmente avevo votato per l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne, e lo rifarei ancora, ma data anche l’esigua differenza fra i voti favorevoli e quelli contrari registrata in occasione di quella votazione, penso che non abbiano tutti i torti coloro che chiedono un rifacimento della votazione. Del resto, nella sentenza del 9 aprile 2021 con la quale aveva annullato la votazione cantonale sull’iniziativa del Guastafeste intitolata “Le vittime di aggressioni non devono pagare i costo di una legittima difesa”, il Tribunale federale aveva osservato che quando l’esistenza di irregolarità nell’ambito di una votazione viene accertata, esso l’annulla soltanto qualora le stesse siano rilevanti e abbiano potuto influenzare l’esito dello scrutinio. “In questi casi – si legge nella sentenza
- il cittadino non deve dimostrare che il vizio ha avuto ripercussioni importanti sull’esito della votazione, essendo sufficiente che una siffatta conseguenza sia possibile, ciò che il Tribunale federale esamina tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie, liberamente. In tale contesto esso considera in particolare l’ampiezza della differenza dei voti, la gravità del vizio accertato e la sua importanza nel quadro complessivo della votazione”
Giorgio Ghiringhelli