semplicemente Eusebio, il calciatore portoghese più popolare della storia, più amato persino di un certo Cristiano Ronaldo, il detentore di tantissimi primati calcistici (e pure economici!).
“A livello sportivo, è quanto meno forzato o improbabile mettere a confronto queste due stelle del nostro firmamento futebolistico e che in assoluto sono fra i più bravi calciatori di ogni epoca: se non altro, oltre ad appartenere a due mondi assolutamente distanti, la loro storia ai massimi livelli differisce sotto ogni punto di vista”. Parole di Ruben Neto, uno dei giornalisti più in voga di Lisbona recentemente intervenuto nel dibattito accesosi sulle parole di CR7: “Sono il miglior giocatore della storia, il più completo in assoluto”, ha detto senza troppi giri di parola tempo fa l’attaccante del Al Nassr saudita.
Una dichiarazione-bomba che non ha mancato di generare polemiche, soprattutto fra gli adepti di Maradona, Messi e soprattutto Pelé. Fra l'altro, Cristiano Ronaldo lo si vive sui murales e nei negozi in cui spicca il suo manichino: lì si vendono montagne di magliette del Portogallo con la numero 7. Enrique Fontes, titolare dello Shopping Centre Benfica, conferma: "I turisti che vengono da tutte le parti del pianeta ci chiedono subito la maglia di Cristiano. Ne vendiamo a vagonate. I portoghesi? Certo, la comprano ma in maniera più contenuta” . Un segnale? Difficile dire.
Per contro sulla Avenida da Liberdade, la più lunga di Lisbona e in cui spicca un obelisco dedicato ai morti della Prima Guerra Mondiale, nel bel mezzo di caffé della belle epoque conservati e tirati a lustro, si vedono ancora delle scritte che magnificano Eusebio, la pantera nera del Mozambico di cui, noi poveri cronisti di provincia, conserviamo ancora un autografo gentilmente firmatoci in occasione degli Europei del 2000 a Bruxelles, alla vigilia della semifinale Francia-Portogallo.
Dall'Africa al Tago
La sua (di Eusebio) è la storia di un grande calciatore nato poverissimo a Maputo (un tempo Lourenço Marques), capitale del Mozambico e già colonia portoghese. Una città africana nel quale libera tutto il suo talento già in giovanissima età. Normale e scontato che i procuratori di allora lo segnalassero in patria. E così nel 1960, dopo una accesa lotta fra Benfica e Sporting per strapparne i servizi, approda allo stadio Da Luz, autentico tempio della fede benfiquista. E un anno dopo esordisce proprio in quello stadio mettendo a segno una tripletta.
“Eusebio – ci racconta Josè, taxista della Capitale che ci ha portati sino alle porte della sede del Benfica – incarna ancora oggi lo status del giocatore povero proveniente dal continente africano e a cui la vita ha sorriso grazie al suo enorme talento calcistico. Per gli angolani o i mozambicani il Portogallo era un punto di arrivo per salire nella scala sociale. Eusebio ci è riuscito e si è meritato la stima e l’affetto di tutti. Noi portoghesi gli dobbiamo tanto”, ci dice con un pizzico di commozione il nostro interlocutore, le cui origini sono spagnole. Eusebio, al contrario di altri fenomeni calcistici cresciuti nella miseria, ha sempre dato valore ai soldi e non li ha sperperati in donne o bevute colossali, come il leggendario Garrincha.“ I due si affrontarono ai Mondiali inglesi del 1966 – ricorda José - e i brasiliani ebbero la peggio. Se non sbaglio Garrincha restò in panchina mentre il nostro attaccante segnò due gol, quelli che affossarono a sorpresa i sudamericani”.
“A livello sportivo, è quanto meno forzato o improbabile mettere a confronto queste due stelle del nostro firmamento futebolistico e che in assoluto sono fra i più bravi calciatori di ogni epoca: se non altro, oltre ad appartenere a due mondi assolutamente distanti, la loro storia ai massimi livelli differisce sotto ogni punto di vista”. Parole di Ruben Neto, uno dei giornalisti più in voga di Lisbona recentemente intervenuto nel dibattito accesosi sulle parole di CR7: “Sono il miglior giocatore della storia, il più completo in assoluto”, ha detto senza troppi giri di parola tempo fa l’attaccante del Al Nassr saudita.
Una dichiarazione-bomba che non ha mancato di generare polemiche, soprattutto fra gli adepti di Maradona, Messi e soprattutto Pelé. Fra l'altro, Cristiano Ronaldo lo si vive sui murales e nei negozi in cui spicca il suo manichino: lì si vendono montagne di magliette del Portogallo con la numero 7. Enrique Fontes, titolare dello Shopping Centre Benfica, conferma: "I turisti che vengono da tutte le parti del pianeta ci chiedono subito la maglia di Cristiano. Ne vendiamo a vagonate. I portoghesi? Certo, la comprano ma in maniera più contenuta” . Un segnale? Difficile dire.
Per contro sulla Avenida da Liberdade, la più lunga di Lisbona e in cui spicca un obelisco dedicato ai morti della Prima Guerra Mondiale, nel bel mezzo di caffé della belle epoque conservati e tirati a lustro, si vedono ancora delle scritte che magnificano Eusebio, la pantera nera del Mozambico di cui, noi poveri cronisti di provincia, conserviamo ancora un autografo gentilmente firmatoci in occasione degli Europei del 2000 a Bruxelles, alla vigilia della semifinale Francia-Portogallo.
Dall'Africa al Tago
La sua (di Eusebio) è la storia di un grande calciatore nato poverissimo a Maputo (un tempo Lourenço Marques), capitale del Mozambico e già colonia portoghese. Una città africana nel quale libera tutto il suo talento già in giovanissima età. Normale e scontato che i procuratori di allora lo segnalassero in patria. E così nel 1960, dopo una accesa lotta fra Benfica e Sporting per strapparne i servizi, approda allo stadio Da Luz, autentico tempio della fede benfiquista. E un anno dopo esordisce proprio in quello stadio mettendo a segno una tripletta.
“Eusebio – ci racconta Josè, taxista della Capitale che ci ha portati sino alle porte della sede del Benfica – incarna ancora oggi lo status del giocatore povero proveniente dal continente africano e a cui la vita ha sorriso grazie al suo enorme talento calcistico. Per gli angolani o i mozambicani il Portogallo era un punto di arrivo per salire nella scala sociale. Eusebio ci è riuscito e si è meritato la stima e l’affetto di tutti. Noi portoghesi gli dobbiamo tanto”, ci dice con un pizzico di commozione il nostro interlocutore, le cui origini sono spagnole. Eusebio, al contrario di altri fenomeni calcistici cresciuti nella miseria, ha sempre dato valore ai soldi e non li ha sperperati in donne o bevute colossali, come il leggendario Garrincha.“ I due si affrontarono ai Mondiali inglesi del 1966 – ricorda José - e i brasiliani ebbero la peggio. Se non sbaglio Garrincha restò in panchina mentre il nostro attaccante segnò due gol, quelli che affossarono a sorpresa i sudamericani”.
Un mondo migliore
Sia Eusebio che CR7 non hanno avuto una gioventù semplice. Il primo, come scritto sopra, ha conosciuto la povertà nei suoi aspetti più traumatici; il secondo è cresciuto senza padre ed è stato tirato su dalla mamma Maria Dolores Dos Santos, la prima che ha creduto nelle sue capacita calcistiche. Per i due grandi campioni, però, dietro l’angolo si stagliava un mondo migliore grazie al talento pedatorio. “Fare paragoni fra i due è decisamente difficile: epoche diverse, futebol diverso, stili di vita totalmente diversi. Però mi lasci dire una cosa – afferma José – Eusebio a differenza di Cristiano era più umile e stava maggiormente con la gente. Nei quartieri lisboeti lo si vedeva spesso con i suoi connazionali mozambicani poveri e senza lavoro, ai quali dava sempre qualche consiglio e a volte i soldi per mangiare”.
Il nostro viaggio continua sino al quartiere di Belém. Lisbona con il tempo è diventata una città multi-culturale e multi-nazionale: le strade sono popolate di cittadini provenienti dai Continenti più poveri. “Eusebio nacque mozambicano ma morì portoghese. Cosa significa? Che da noi se uno sa cogliere le opportunità può farsi una nuova vita e diventare magari famoso”, conclude il tassista. La pantera nera ci è riuscita ed oggi i lusitani lo ricordano con grande affetto: anche i più giovani ne hanno sentito parlare e forse anche loro hanno pensato che la sua storia merita di essere approfondita.