Sport, 10 marzo 2025

I picchiatori dell’Estudiantes e la partita della vergogna

Nel 1969 scatenarono una caccia all’uomo nella finale della Intercontinentale

LUGANO - Ci fu un tempo in cui il Mondiale per club si chiamava Coppa Intercontinentale. Vi partecipavano solo due squadre: i campioni del Sudamerica e i campioni d’Europa. Gli altri continenti erano snobbati; troppa la differenza tecnica fra le massime espressioni calcistiche internazionali e il resto del mondo. Poi, col passare degli anni, e con l’arrivo di nuove strategie economico- territoriali, la rassegna si allargò sino a diventare extra-large (vedi Mundial della prossima estate negli States). Ma torniamo in argomento e torniamo alla Coppa Intercontinentale del 1969, che mise di fronte l’Estudiantes de la Plata, trionfatore della Coppa Libertadores de America (chiamata così per onorare gli eroi che liberarono il continente dal giogo spagnolo) e il Milan, vincitore della Coppa dei Campioni. Allora erano previste due partite a distanza di due settimane: la prima andò in scena il giorno 8 ottobre in quel di San Siro. 


Senza storia
A Milano non ci fu storia. I rossoneri dominarono la sfida e grazie alla doppietta di Angelo Benedicto Sormani e alla rete di Nestor Combin, il Milan mise le mani sul trofeo, anche se al fischio finale i giocatori rossoneri cominciarono a preoccuparsi per la partita di ritorno: “Il problema fu proprio Combin”raccontava il centrocampista Giovanni Lodetti, che in carriera aveva già disputato cinque finali di coppe internazionali. “ A fine gara parlammo con alcuni giornalisti e giocatori avversari. Ci dissero che consideravano Nestor un disertore e che il gol segnato a San Siro era considerato come un atto di alto tradimento”, affermò il mediano del Milan. Combin era argentino di nascita ma era stato naturalizzato francese in seguito. I giocatori dell'Estudiantes gliela giurarono. E purtroppo andò a fine proprio così. Per la cronaca: Nestor Combin era nato a Las Rosas in Argentina, padre francese, madre indigena. In carriera aveva vestito la maglia di diversi club francesi e italiani, fra i quali la Juventus, il Varese, il Torino e, appunto, il Milan. Fece 8 apparizioni con la maglia della nazionale francese.


Il caffè bollente
La sera del 22 ottobre il clima era davvero pesante alla Bombonera (dove di solito giocava il Boca Juniors). Quando i rossoneri uscirono dal sottopassaggio per entrare sul terreno da gioco su di loro venne rovesciato del caffè bollente dai tifosi più scalmanati. Iniziava così una delle più violente partite della storia. 'Alla base di tutto ciò – scrisse allora la Gazzetta dello Sport – ci fu una sorta di intimidazione ambientale e anche la complicità del direttore di gioco, che lasciò correre, come se nulla fosse'.


Lo show era appena cominciato e gli argentini ci presero gusto: entrarono in campo con un pallone a testa fra le mani per il riscaldamento. A quel punto presero a pallonate i rossoneri che, impietriti, non risposero alla provocazione. Sempre Lodetti ricordava che “ quando avevi il pallone fra i piedi arrivava qualcuno e ti spaccava. L’arbitro, un cileno(tale Massaro, ndr) se ne fregava altamente. Ci fu un difensore che falciò Prati, poi arrivò il portiere Poletti a mollargli un calcio nella schiena. Il mio compagno dovette lasciare il campo”.


Si salvi chi può
Sotto di una rete (segnata da Gianni Rivera), gli argentini ribaltarono il risultato con i gol del futuro bianconero Conigliaro e di Suarez. A quel punto, quando capirono che non avrebbero più potuto vincere il trofeo, i padroni di casa si misero a provocare Combin. E Il giustiziere fu ancora Poletti, che rifilò un pugno devastante al francese, il quale uscì con la faccia sanguinante e con il naso e lo zigomo rotti. Ma il bello (o il brutto) doveva ancora venire: a fine partita, e con il Milan che ne scappò con la Coppa negli spogliatoi, quattro agenti della polizia locale arrestarono Combin, che nel frattempo si era fatto medicare per le ferite.


Trascorsero alcune ore e del giocatore nessuna traccia. A quel punto tutto il Milan, con il Paron Rocco in testa, sì compatto e avvisò i propri dirigenti che senza Combin non avrebbero preso l'aereo per tornare in Italia. Allora si mise in moto la diplomazia: gli argentini volevano trattenere l’attaccante per mandarlo a fare il militare. Dicevano che era un disertore: ridicoli! Finalmente la situazione si sbloccò, e Nestor fu liberato. 'E tutti insieme, appena in volo, facemmo il gesto dell’ombrello verso l’Argentina' concluse l'indimenticato Lodetti.

JACK PRAN

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