Mondo, 23 marzo 2025

Ecco i vincitori del premio “Swiss Stop Islamization Award 2025”

Anche nel 2025, per l’ottavo anno consecutivo, il movimento politico “Il Guastafeste” ha organizzato lo “Swiss Stop Islamization Award”, ossia il premio internazionale destinato a ricompensare finanziariamente (con 2'000 franchi) e moralmente tre persone, associazioni o organi di informazione che si sono distinti nella battaglia contro l’islamizzazione della Svizzera e dell’Europa. Quest’anno è stato aggiunto un quarto premio speciale per commemorare il giornalista e saggista francese René Marchand, deceduto lo scorso 15 novembre. I vincitori di questo premio concordano sul fatto che una delle strategie messe in atto dall’islam per conquistare l’Europa consiste nel far venire sul vecchio continente il maggior numero possibile di musulmani, nonché nel cercare di reislamizzare i musulmani più o meno occidentalizzati che da decenni vivono già in Europa, e tutto ciò grazie alla collaborazione dei politici e al silenzio dei media in gran parte in mano alla sinistra. Secondo l’ex-musulmano Magdi Allam, vincitore del premio nel 2019, l’islamizzazione per via demografica è un crimine epocale nei confronti dei popoli europei. Qualcuno un giorno dovrà rendere conto di questo crimine…

Giorgio Ghiringhelli
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Mireille Vallette (Ginevra)



L’ex-presidente dell’Association Suisse Vigilance Islam si è meritata questo premio per la seconda volta grazie al suo impegno per la realizzazione di un sito (https://deriveshelvetiques.ch) che raggruppa il suo enorme lavoro sull’islam e anche grazie alla sua instancabile battaglia contro la strisciante attività a favore dell’islamizzazione della Svizzera da parte del Centro Svizzero Islam e Società (https://deriveshelvetiques.ch/tag/csis/), creato a Friborgo nel 2015. Per allarmare la classe politica sull’operato del CSIS, Vallette aveva pubblicato nel 2020 un opuscolo intitolato “Il CSIS opera veramente a favore dell’integrazione dei musulmani?” (http://www.vigilanceislam.com/images/Broch_CSIS_MV_avril2020.pdf ), inviandolo poi ad alcuni consiglieri nazionali. Uno di questi, Piero Marchesi, assieme ad altri otto colleghi aveva presentato un postulato nel quale si chiedeva di allestire un rapporto dettagliato sulle attività del CSIS, anche per verificare se erano ancora giustificati i sussidi (mezzo milione all’anno) versati dalla Confederazione. Il Consiglio federale aveva approvato il postulato, e in seguito il Segretariato di Stato alla formazione, alla ricerca e all’innovazione (SEFRI), incaricò una società esterna (la Ecoplan) di valutare la legittimità delle accuse mosse contro il CSIS.

Nel rapporto sul CSIS, consegnato nell’agosto del 2023 (https://www.parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-curia-vista/geschaeft?AffairId=20213767), si conclude che non vi sono indizi che le attività del CSIS siano in contrasto con i principi costituzionali o promuovano l’islamizzazione o la radicalizzazione. E fra l’altro si sottolinea la necessità di prevedere un maggior coinvolgimento del Ticino nelle attività didattiche del CSIS…, facendo presente che nella Svizzera italiana “l’instaurazione di un clima di fiducia con le comunità musulmane ha avuto meno successo rispetto al resto della Svizzera, anche perché queste comunità non sono molto organizzate e dunque non sono accessibili come oltre Gottardo”. In merito a un’incredibile pubblicazione del CSIS, che in linea con quanto previsto nel diritto islamico spiegava ai musulmani in Svizzera come fosse legalmente possibile sfavorire una figlia nell’eredità, il Consiglio federale si è limitato a osservare che “sarebbe stato opportuno sottolineare in quella pubblicazione che anche la discriminazione sistematica degli eredi di sesso femminile non rientra nello spirito del legislatore svizzero”. Tutto qui. E i difensori della parità di genere non hanno proprio nulla da dire?


Giulio Meotti (Italia)



Nato nel 1980 ad Arezzo – Laureato in filosofia all’Università di Firenze, dal 2003 lavora come giornalista a “Il Foglio”, il quotidiano fondato nel 1996 da Giuliano Ferrara. Collabora anche con organi di informazione internazionali, come ad esempio il Wall Street Journal, il Jerusalem Post, la Weltwoche e il Gatestone Institute. Come si legge su Wikipedia, Meotti si occupa principalmente di critica culturale, politica estera e questioni socio-demografiche, come la modificazione etnico-religiosa in atto nelle popolazioni europee. Altro suo interesse è Israele e il destino della popolazione ebraica.

Molti suoi articoli sono ripresi su www.Informazionecorretta.com, il sito che dal 2001 presenta giornalmente una panoramica dedicata agli articoli dei media italiani su Israele, sul mondo islamico e sul terrorismo. Su questi temi Meotti ha scritto una ventina di libri, tradotti in varie lingue, che hanno vinto anche qualche premio importante, come “La fine dell’Europa” (2016- Premio Capri), “Il suicidio della cultura occidentale - Così l’islam radicale sta vincendo” (2018), “I nuovi barbari – In Occidente è vietato pensare (e parlare)?” (2023). Nel suo libro “La dolce conquista - L’Europa si arrende all’islam” (2023) egli descrive il grado di islamizzazione ormai quasi irreversibile raggiunto nei principali Paesi europei e favorito da una classe politica e mediatica miope, inetta, codarda e ormai rassegnata a sottomettersi ai nuovi colonizzatori.

A conclusione del suo libro, arricchito da una prefazione dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal (vincitore del premio nel 2024 e arrestato con motivazioni pretestuose nel novembre scorso dal regime algerino) e da alcune interviste a personaggi di spicco a livello europeo, lo scrittore-giornalista tira le somme indicando le possibili alternative per evitare che la civiltà europea coli a picco. E cioè: 1) Chiudere i confini esterni dell’Unione Europea restringendo il diritto di asilo  – 2)  Selezionare l’immigrazione su base culturale e religiosa, escludendo chi vuole portare un’ideologia di sottomissione e stabilendo canali preferenziali per i cristiani perseguitati in Africa e in Medio Oriente – 3) Inserire il riconoscimento delle radici giudaico-cristiane nei documenti ufficiali dell’UE – 4) Espellere gli agitatori dell’islam radicale e chiudere le loro moschee – 5) Fermare il flusso di denaro dalle dittature islamiche  verso le nostre democrazie – 6) Cancellare, a favore dell’assimilazione, mezzo secolo di politiche multiculturali – 7) Fermare la “cancel culture” – 8) Incentivare massicciamente le politiche demografiche – 9) mettere al bando i simboli dell’islam politico ( burqa, minareti , muezzin, preghiere per strada)- 10) Difendere la libertà di espressione e riconquistare i “territori perduti” in tutta Europa.



Fanny Idoux, ex Truchelut (Francia)



Questa signora di 72 anni ha vissuto delle situazioni drammatiche a seguito della sua opposizione alla diffusione del velo islamico in Francia, che lei considerava come un simbolo di sottomissione e di oppressione delle donne. Gli avvenimenti che hanno avuto un profondo impatto nella sua vita risalgono al 2006, ossia due anni dopo l’entrata in vigore della legge che vietava agli allievi delle scuole di indossare vistosi segni religiosi, come ad esempio il velo islamico. A quell’epoca Fanny Truchelut era proprietaria di un albergo comprato nel 2003 a Julienrupt, una località di montagna situata nei Vosgi.

Nell’agosto del 2006 si rifiutò di dare alloggio a una famiglia musulmana perché madre e figlia non volevano togliere il velo negli spazi pubblici dello stabilimento. Un giornale locale pubblicò un articolo intitolato “Discrimination raciale dans une gîte de vacances vosgien” e in breve tempo la vicenda divenne un caso nazionale, spaccando in due l’opinione pubblica. Ad aiutarla in diversi modi fu soprattutto Pierre Cassen, il quale fu talmente colpito da quella vicenda che nel 2007, assieme ad alcuni amici, giurò di combattere contro l’islamizzazione della Francia “costi quel che costi”, e fondò il sito di informazione anti-islam Riposte Laïque. Nell’ottobre del 2008 il giudizio in appello confermò la condanna emessa in primo grado nel 2007. La donna venne condannata per discriminazione religiosa a due mesi di prigione con la condizionale, al pagamento di 2500 euri da versare alla famiglia denunciante e di 1500 euri da dividere fra tre associazioni che si erano costituite parti civili. A seguito di quella vicenda la signora Fanny, madre di quattro figli, perse tutto. Il suo matrimonio finì con un divorzio e poi dovette vendere l’albergo a un prezzo inferiore al suo valore, incassando quanto bastava per rimborsare i prestiti e ripartire da zero. Inoltre la sua figlia più giovane cadde in una depressione che si protrasse per sette anni. Per sua madre (che dopo il divorzio ha ripreso il cognome da nubile, Idoux) la malattia della figlia divenne l’unico scopo della sua vita. Comprensibilmente decise dunque di trasferirsi in Normandia, allontanandosi dalla regione dei Vosgi che era stata il teatro degli avvenimenti traumatizzanti. L’anno prossimo Fanny Idoux pubblicherà un libro per raccontare la sua storia.


René Marchand (Francia)
(Premio alla memoria)



Nato il 30 ottobre 1935 a Montluçon, nel cuore della Francia, questo giornalista e saggista è morto lo scorso 15 novembre all’età di 89 anni. Con lui è scomparso un pilastro della lotta contro l’islamizzazione della Francia e dell’Europa. In gioventù aveva studiato all’École national des langues orientales vivantes e successivamente si era diplomato in lingua e letteratura araba alla Sorbonne. Aveva poi esercitato la professione di giornalista radio-televisivo. Uomo di grande cultura, parlava correttamente l’arabo, conosceva alla perfezione e come forse nessun altro in Francia la letteratura araba, la storia dell’islam e i testi coranici. Proprio grazie a queste sue conoscenze del mondo islamico René Marchand si rese conto del pericolo costituito dall’espansione dell’islam in Europa, e in particolare in Francia, grazie soprattutto all’immigrazione. Nell’intento di dare la sveglia ai suoi compatrioti egli pubblicò nel 2002 il suo primo libro “La France en danger d’islam” (2002), al quale seguirono altri tre libri: “Mahomet contre-enquête” (2006), “Reconquista ou la mort de l’Europe” (2013) e “Pourquoi et comment interdire l’islam” (2017).

Un libricino, quest’ultimo, di facile lettura, nel quale si spiega perché e in che modo occorre proibire l’islam in Europa procedendo per gradi, cominciando con il far capire che considerare l’islam una religione è un errore gravissimo, perché in realtà si tratta soprattutto di un sistema giuridico, di un dogma totalitario intollerante e violento incompatibile con la nostra civiltà e le nostre leggi e che approfitta della nostra tolleranza e delle nostre libertà per conquistarci in modo subdolo e strisciante. “Per vincere la guerra in corso – ha scritto Marchand nella prefazione di un libro di Hubert Le Maire che deve ancora uscire - il tempo gioca terribilmente contro di noi. Dobbiamo lanciare la controffensiva il più presto possibile. Il popolo francese è pronto a proibire l’islam nel proprio Paese. Tutti i sondaggi lasciano prevedere che un eventuale referendum che proponga una legge in tal senso sarebbe accolto a grande maggioranza”.

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