A Niederdorf (BL), il centro di riabilitazione giovanile Arxhof accoglie giovani delinquenti sotto i 25 anni che soffrono di disturbi della personalità e offre loro terapie e formazione. Oggi questa struttura alternativa al carcere sta attraversando una crisi. A seguito di aggressioni ai danni del personale, di un aumento della violenza e di un clima di tensione, due guardie di sicurezza assicurano ora la sorveglianza 24 ore su 24. "Era impensabile quindici anni fa. Oggi non possiamo più farne a meno. Tutto è cambiato in pochissimo tempo", afferma il direttore Francesco Castelli alla testata zurighese NZZ.
Philipp Eder, presidente dell'associazione dei centri giovanili, parla di "esplosione di casi gravi" e di un sistema al limite del collasso. Eder riferisce di un aumento costante di giovani che devono essere collocati in strutture chiuse. Oltre a Arxhof, altri centri come quelli di Kalchrain (TG) e Uitikon (ZH), hanno dovuto investire milioni di franchi per mettere in sicurezza le proprie strutture. Dall'introduzione delle nuove misure non si sono registrati attacchi gravi.
Nel corso degli anni, i profili sono cambiati: l'età media si è abbassata, i problemi di salute mentale sono aumentati e il collocamento in altri istituti è stata a lungo un fenomeno diffuso. Questi giovani hanno ricevuto poca istruzione e spesso non parlano una lingua nazionale. Secondo le statistiche, i giovani provenienti da contesti di immigrazione, soprattutto da paesi extra-Unione Europea, sono sovrarappresentati. Ad Arxhof tre anni fa la percentuale di stranieri era circa un terzo. Negli ultimi due anni è salita al 50%.
Lo psichiatra Frank Urbaniok osserva che "le impronte culturali svolgono un ruolo decisivo e non scompaiono facilmente". Ma per Francesco Castelli la nazionalità non sarebbe il "motore decisivo" di questa propensione alla violenza. Secondo Urbaniok, un terzo degli ospiti di questi centri hanno commesso reati gravi, un altro terzo ripete reati minori e il terzo restante non commette reati dopo essere tornato in libertà. Lo psichiatra sostiene la necessità di valutare meglio chi potrebbe trarre beneficio da terapie in altri centri. Da parte sua, Castelli ritiene che sarebbe controproducente "semplicemente rinchiudere" questi ragazzi. "Un giorno torneranno nella società. Se non lavoriamo con loro ora, i rischi futuri saranno molto più alti", conclude il direttore del centro di Niederdorf.