La bocciatura dell'iniziativa “per il futuro” dei Giovani Socialisti, la scorsa domenica, era prevedibile ma pochi si aspettavano un risultato così netto contro il testo, dato che comunque, almeno ufficialmente, veniva sostenuta dai partiti di sinistra. Infatti solo il 21,7% degli elettori ha sostenuto l'iniziativa dei Giovani Socialisti, ciò che significa che nemmeno gli elettori di sinistra l'hanno appoggiata.
Eppure la leadership del PS, incarnata da ex membri della GISO come Cédric Wermuth, aveva sostenuto con entusiasmo l'iniziativa, nonostante i notevoli dubbi al suo interno. Molti la consideravano eccessiva, irrealistica e potenzialmente controproducente.
Infatti, nell'area rossoverde, circa il 40% degli elettori si è opposto alla proposta di imposta di successione dei Giovani Socialisti, votando quindi contro la linea ufficiale del PS. Questo è quanto emerge da un sondaggio post-elettorale di Tamedia.
Non è la prima volta che i Socialisti si dividono di recente. Il loro dibattito sulla risoluzione relativa a Gaza al congresso del partito di fine ottobre ne è un esempio lampante. Sono stati discussi due testi contrapposti: uno, sostenuto dalla leadership, condannava Israele per "genocidio"; l'altro, presentato in risposta, sottolineava i crimini di guerra di Hamas. Anche la mancanza di una posizione chiara da parte del partito dopo le violenze durante una manifestazione filo-palestinese a Berna ha suscitato critiche interne.
O si consideri l'accordo doganale: mentre il PS ufficialmente si oppone all'accordo con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e sta raccogliendo firme per stroncare sul nascere la "politica accomodante" del Consiglio federale, la Federazione sindacale svizzera, strettamente allineata con i socialisti, sostiene l'accordo, citando la necessità di proteggere i posti di lavoro. "Con la loro totale opposizione all'accordo di Trump, i leader del Partito Socialista stanno mostrando una sorprendente mancanza di comprensione della realtà", hanno dichiarato dei membri del sindacato al Blick.
E le prime crepe nella leadership del Partito Socialista cominciano a farsi vedere. La copresidente Mattea Meyers ha infatti annunciato una pausa nelle sue funzioni, ufficialmente “per stanchezza” e sarà quindi assente nella sessione invernale. Proprio in un momento di grande difficoltà per il suo partito. L'altro copresidente, Cédric Wermuth, continua invece a denunciare gli "oligarchi" del sistema svizzero e prosegue con la sua retorica sulla lotta di classe. Orgoglioso dei Giovani Socialisti, ritiene che questo sia solo "l'inizio di un dibattito sulla disuguaglianza, non la sua conclusione".
Il co-presidente del Partito Socialista sembrava cercare di motivare se stesso e allo stesso tempo galvanizzare i suoi sostenitori. Tuttavia, l'imbarazzo del partito per il risultato dell'iniziativa dei Giovani Socialisti è diventato evidente quando la dirigenza ha presentato, all'ultimo minuto, una versione più favorevole alle imprese – un'implicita ammissione delle carenze dell'iniziativa.
Ma il fiasco alle urne era ormai inevitabile. I socialisti che avevano messo in guardia contro questa eventualità sono ora giustificati e i leader del partito devono affrontare la realtà: questo risultato avvantaggia solo i loro oppositori. Un'imposta nazionale sulle successioni sembra ormai irraggiungibile, e lo rimarrà per un bel po' di tempo.
La partenza di Meyers non renderà le cose più facili per il copresidente rimasto. Cédric Wermuth ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni al Blick il giorno dopo il fiasco di domenica. Ma sembra chiaro che il Partito Socialista non potrà evitare una discussione interna sulla sua direzione politica e dovrà decidere la propria posizione rispetto alla linea più radicale dei Giovani Socialisti. Essendo il più grande partito di sinistra in Svizzera, il PS non può permettersi, a lungo termine, di deludere troppo spesso una larga fetta del suo elettorato.





