È una vicenda piuttosto singolare quella accaduta durante le ultime elezioni comunali, nel 2016, a Renens, comune alla periferia ovest di Losanna, dove un candidato socialista per il consiglio comunale, curdo detentore di passaporto svizzero, è accusato di frode elettorale. A spoglio ultimato, i colleghi di partito del candidato curdo, di cui la stampa non rivela il nome, si sono accorti che 120 bollettini di voto erano stato compilati con il voto del candidato curdo e biffando invece i loro. Troppi per non attirare l'attenzione, tanto più che il candidato curdo è stato eletto mentre alcuni dei « biffati » no. I sospetti sono caduti subito sulla comunità curda, su cui il candidato accusato avrebbe spinto per favorire sè stesso a spese degli altri candidati. Una prima inchiesta amministrativa del Consiglio di Stato vodese non aveva riscontrato atti illeciti. Il solo fatto che un certo numero di bollettini fossero compilati allo stesso modo non è sufficiente a dimostrare che ci fosse stata una frode, aveva motivato il governo cantonale.
In seguito, dopo aver ricevuto segnalazioni anonime, il ministero pubblico vodese aveva aperto un fascicolo contro il candidato incriminato per poi accusarlo di frode elettorale e richiedere il pagamento di una multa di 1'500 franchi. Si arriva quindi al processo, di cui il verdetto è stato reso pubblico giovedì scorso : il candidato curdo, in mancaza di prove, è stato ritenuto innocente. L'accusa poggiava sulla convinzione che il candidato avesse compilato da sè le schede per poi solamente farli firmare ai suoi connazionali, convizione dettata dalla scrittura sulle schede che sarebbe stata identica.E compilare schede elettorali per conto di terzi è reato. L'ha pensata diversamente il giudice del Tribunale distrettuale di Losanna, secondo cui la scrittura sulle schede non era identica a quella dell'uomo accusato. Da qui l'assoluzione.
Al di là del fatto che ci sia stato reato o meno, rimane un dato : decine di curdi hanno votato per il candidato appartenente alla loro comunità etnica e allo stesso tempo penalizzando i candidati svizzeri. Un fatto inedito per la democrazia svizzera e che non ha mancato di rilevare Stephane Montabert, giornalista