Svizzera, 08 dicembre 2018

Il marito è in Israele a fare l'oppositore al suo paese d'origine, quindi lei può restare in Svizzera

Il marito è in Israele e sta facendo propaganda contro il governo eritreo. Quindi lei e la figlia hanno diritto di restare in Ticino. Non è una storia d’amore quella che emerge da una recente sentenza del Tribunale amministrativo federale (Taf), che ha accolto il ricorso di una donna eritrea, patrocinata dal signor Rosario Mastrosimone di Sos Ticino, e di sua figlia, giunte in Svizzera nel 2017.

La vicenda ha inizio in Eritrea, nel 2007, quando il marito evade dal carcere e fugge in Israele. Lì inizia a esprimere pareri critici sul governo eritreo. Su Facebook ma anche in radio e in televisione, tanto da diventare “uno dei rappresentanti de facto degli esiliati eritrei in Israele”, come lo definiscono i giudici del Tribunale amministrativo federale.

Il governo eritreo però non gradisce l’attività dell’uomo e nel 2014 arresta sua moglie
rimasta in patria. Dopo quattro mesi la donna viene rilasciata senza accuse formali, maa decide comunque di lasciare l’Eritrea, insieme alla figlia. E dove vanno? Non in Israele dal marito, rispettivamente padre, bensì in Svizzera, dove nel 2017 depositano una domanda d’asilo. La Segreteria di Stato della migrazione (Sem) la respinge e ordina l’allontanamento di madre e figlia. Ma esse, grazie all’aiuto di Sos Ticino, ricorrono, chiedendo il riconoscimento dello statuto di rifugiato o perlomeno una nuova valutazione delle loro domande.

E il Taf ha accolto il loro ricorso. I giudici ritengono che l’attività del marito in Israele potrebbe effettivamente mettere in pericolo le due richiedenti l’asilo in caso di ritorno in Eritrea. E quindi ordinano alla Sem di prendere una nuova decisione che tenga conto di questo pericolo. Ergo, di tenerle in Svizzera.

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