Opinioni, 29 aprile 2019

Clima: è una moda, oppure…?

L’ “Onda verde” è destinata ad infrangersi a breve termine? O invece lascerà il segno?

Di questi tempi le manifestazioni sul clima vanno per la maggiore. Ed evidentemente, dietro a questo movimento, ci sono dei manovratori interessati.

L’ “onda verde”, stando ai risultati delle ultime elezioni cantonali, non ha però varcato il Gottardo. Giustamente, a nostro parere. Poiché in Ticino l’emergenza è il lavoro, non il clima.
Abbiamo interpellato alcuni interlocutori, ai quali abbiamo chiesto: - Come valuta le recenti manifestazioni di piazza sul clima? Sono, come ha detto Blocher, una moda destinata a passare?
Oppure prevede che imprimeranno al panorama politico una svolta duratura?
 
Roberta Pantani Consigliera nazionale (Lega)
Il clima è un tema che occupa da alcuni decenni la politica nazionale e internazionale. A dipendenza degli avvenimenti, ci si interroga su quello che si sarebbe potuto fare e su cosa migliorare: accadde così nel 2011, dopo l’incidente nucleare di Fukushima, accadde così dopo il versamento in mare di tonnellate di petrolio con l’incidente alla Exxon Valdez nel 1989. Oggi, il tema è diventato virale, grazie anche alla propaganda di una ragazzina svedese che, complici i social media, lo ha trasformato in una protesta mondiale. In un’epoca in cui tutto è effimero e dura quanto l’attenzione mediatica che gli viene rivolta, è difficile dire quale impatto avrà la protesta climatica di queste settimane sui comportamenti di tutti e sul panorama politico futuro.

Vero è che se in Europa la sensibilità ambientale è abbastanza marcata ed ognuno di noi più o meno riflette su quanto e come consuma e inquina, totalmente diverso è il comportamento di altri Paesi, come ad esempio Cina e India, produttori con ben poco riguardo ambientale di tutto quanto consumiamo ed utilizziamo in Occidente. In questo momento è facile per alcuni partiti politici cavalcare l’ ”onda verde” e guardare con indignazione chi non condivide le manifestazioni di piazza. Personalmente non ho simpatia per questi “talebani dell’ambiente”: essere “ambientalisti” non è un’esclusiva di una sola parte politica, e credo che strillarlo per le piazze o sui social non porti ad alcun risultato concreto.
 
Michaela Lupi Consigliera comunale di Lugano (i Verdi)
Il clima ha sempre subito delle variazioni nel corso dei secoli, a causa dei fenomeni naturali. Oggi, vi è una piena consapevolezza che le attività dell’uomo influiscono sul clima, provocando ad esempio un eccessivo riscaldamento del pianeta, dovuto all’emissione dei cosiddetti gas serra. Anche senza essere esperti, possiamo renderci conto degli effetti negativi che tutto questo comporta: dal ritiro dei ghiacciai ai periodi di forte smog. Le manifestazioni di piazza sul clima sollevano un tema attuale e si ripeteranno anche in futuro.

È giusto che se ne parli e che i giovani ne siano informati. Questi eventi, se fatti con cognizione, servono a sensibilizzare le autorità
ed a far capire la grande responsabilità che ognuno di noi ha nei confronti delle prossime generazioni e verso l’attuale civiltà, mediante le proprie scelte di vita pratica. Il panorama politico deve e dovrà considerare maggiormente l’ecologia nei vari settori. Inoltre, i piccoli gesti di ognuno, costanti e rispettosi del mondo, sono come le tante gocce che vanno a formare il mare: contano davvero molto!
 
Fabio Käppeli Deputato in Gran Consiglio (PLR)
Il fenomeno Greta Thunberg costituisce il rovescio della medaglia della società odierna, alla ricerca di risposte semplici e comode, priva di speranza ma bramosa di contenuti e personaggi da manipolare. E così il suo messaggio si concentra sulla colpevolizzazione piuttosto che sulla riparazione del danno, e incurante o ignara delle ripercussioni sociali (viste ad esempio in Francia e negli USA) snobba completamente il processo di costruzione del consenso su cui si fonda ogni democrazia, dimenticando pure che anche se le economie avanzate azzerassero le loro emissioni entro il 2030 come auspica, i presupposti per contenere l’aumento della temperatura entro i 2° non sarebbero comunque raggiunti.

La battaglia combattuta in questo modo è quindi già persa, perché nei pochi anni che ci rimangono prima del cosiddetto punto di non ritorno non si riuscirà ad elaborare una sintesi politica che possa sostenere lo sforzo culturale, economico e sociale. Per un problema così complesso, la politica deve perseguire la strada non facile e nemmeno immediata della strategia integrata, consapevole che un programma di contenimento delle emissioni è tuttavia solo uno degli strumenti a disposizione da mettere in campo. Saranno ancora le innovazioni e la quarta Rivoluzione Industriale, spinta questa volta dall’opportunità invece che dal bisogno, che renderanno possibile un percorso di efficientamento economico, energetico e tecnologico piuttosto che di rinunce. Ad esempio, esperti di fama mondiale e scienziati autorevoli hanno sviluppato soluzioni sperimentali volte ad invertire il ciclo alla base del cambiamento climatico: catturare il CO2 dall’atmosfera e stoccarlo nuovamente all’interno
del pianeta. Ritengo che, nonostante il contesto sociopolitico attuale, la politica e il nostro Paese in particolare debbano continuare a credere nel progresso e a favorirlo, prediligendo la ricerca di soluzioni equilibrate a 360 gradi, senza lasciarsi distrarre da elementi di polarizzazione che non portano alcun beneficio tangibile.
 
Piero Marchesi Presidente UDC Ticino
Le manifestazioni sul clima organizzate dai giovani hanno il mio rispetto e sostegno. Però, oltre a rivendicare e chiedere ai “grandi” di risolvere il problema, i giovani potrebbero dare l’esempio. Nel proprio piccolo ogni persona può contribuire a inquinare meno; i manifestanti impieghino dunque le loro energie anche per questo e non solo per protestare. Le manifestazioni sono enfatizzate ad hoc dai media svizzeri a scopi puramente politici, ma questa non è una novità.

La ragazzina Greta Thumberg ha ottenuto molti consensi, il merito è però della potente organizzazione che lavora nella sua ombra. L’altra attivista Izabella Nilsson, che si impegna per la sovranità degli Stati, contro l’immigrazione incontrollata e contro la globalizzazione, è invece snobbata dai media
che ostacolano sistematicamente chi rivendica la sovranità e l’indipendenza del proprio Paese. Sul clima Blocher ha ragione solo in parte, perché i media continueranno ad alimentare strumentalmente la questione in vista delle elezioni federali. È per noi importante oggettivare la questione evitando di farci prendere dalle emotività, perché l’UDC non è di principio contraria ad una maggiore attenzione al clima ed alla riduzione dell’inquinamento, ma non con misure vessatorie e limitanti per i cittadini.
 
Claudio Mésoniat Già direttore Giornale del Popolo
Credo che il problema esista e vada affrontato. Ma penso che vada anche approfondito. Capisco i timori delle giovani generazioni, ma ho l’impressione che non basti ripetere istericamente alcuni slogan.
Ho cercato di seguire negli ultimi anni i risultati delle ricerche e delle discussioni tra scienziati sul tema del riscaldamento terrestre. So che l’aumento di CO2 nell’atmosfera esercita influssi certi sui cambiamenti climatici. Quantunque le attività umane incidano in modo minimo, anche queste produzioni di CO2 possono avere un’influenza che va tenuta sotto controllo. E’ giusto cercare di diminuirle, ma tenendo conto di tutti i fattori in gioco e senza terrorizzare l’umanità con l’ostentazione di scenari apocalittici che tolgono credibilità alla giusta causa. Un piccolo esempio può aiutarci a capire la complessità della questione. Nei giorni scorsi un contadino e politico bernese dell’UDC ha attirato l’attenzione su un possibile metodo innovativo elaborato dall’Istituto nazionale francese di ricerca agronomica. Non si tratta affatto di una bufala.

L’idea fa perno su una constatazione tanto giusta quanto solitamente trascurata: la terra rilascia quotidianamente enormi emissioni di CO2, rispetto alle quali le emissioni di origine antropica sono infinitesimali. Basterebbe, osservano gli scienziati francesi, incrementare del 4% il tasso di humus nei terreni agricoli del pianeta per compensare il totale delle emissioni mondiali di CO2. In Svizzera si potrebbero bloccare al suolo 30 tonnellate di CO2 per ettaro coltivato, ciò che equivarrebbe a 9 milioni di tonnellate, la quantità emessa dalle attività di 2 milioni di persone. L’idea di Daniel Lehmann, secondo l’Ufficio dell’agricoltura bernese (non secondo Blocher), è azzeccata, anche se forse ottimistica circa le quantità. Ma l’esempio fa riflettere.
 
Battista Ghiggia Già candidato al Consiglio degli Stati (Lega/Udc)
Incominciamo col dire che quella della tutela dell’ambiente è una sensibilità che nel corso degli anni è andata ad aumentare in tutti i partiti e non vedo come potrebbe essere diversamente. Ogni cittadino e a maggior ragione un politico deve avere a cuore l’ambiente e deve concretamente impegnarsi in sua difesa.

Ciò che è invece fuorviante è la manipolazione delle istanze verdi per trasformarle in esperimento di ingegneria sociale volto ad obliterare l’identità culturale del nostro paese e a modificarne surrettiziamente costumi, istituzioni politiche, strutture economiche, sensibilità e credenze, nell’intento di far cambiare i modi di vita per dei modelli che non esistono e sono solo teorici. Che l’attuale ondata di manifestazioni di piazza e le iniziative di influencer di ogni età e provenienza sia stata alimentata e foraggiata da interessi sicuramente non di tipo ecologico ma da abili manipolatori con grandi interessi economici e da sperimentatori sociali, non è difficile da capire, come non è difficile da capire che i media hanno trovato il nuovo filone da cavalcare. Questo, come tutti i filoni, prima o poi si esaurirà soppiantato da altri, che cattureranno l’attenzione e si trasformeranno in moda. Nihil sub sole novum.
 
Il Mattino Della Domenica - a cura di Lorenzo Quadri

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