Svizzera, 04 ottobre 2020

Accordo fiscale tra Svizzera e Italia valido solo per i nuovi frontalieri?

Qualcosa sembra muoversi sul fronte del nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera, da cui dipenderà la futura tassazione dei frontalieri dopo che la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga ha incontrato, la scorsa settimana, il suo omologo italiano Sergio Matarella (vedi articoli correlati). Se da una parte, assicurano i due, la firma dovrebbe essere imminente diverse voci provenienti da oltreconfine sostengono che per i frontalieri attualmente impiegati in Ticino poco o nulla dovrebbe cambiare e che il nuovo accordo sarebbe valido solo per i frontalieri assunti in seguito alla firma dell'intesa.

È l'ipotesi che avanza il portale italiano "La Provincia di Como", il quale in un articolo pubblicato venerdì e intitolato "Accordo fiscale con la Svizzera, Tasse in Italia solo per i nuovi frontalieri" si sostiene che i frontalieri che già lavorano in Svizzera saranno in pratica esenti dall'applicazione dell'accordo.

Nell'articolo il portale italiano cita Sergio Aureli, descritto come "esperto fiscale nelle relazioni fiscali tra Svizzera e Italia" ma in realtà un funzionario italiano di UNIA residente a Lugano (a meno di un curioso caso di omonimia, ma ne dubitiamo). "Di sicuro – afferma Aureli nell'articolo della Provincia di Como - sarà un accordo che dovrà trovare un equilibrio tra vecchi e nuovi frontalieri e sicuramente non sarà a costo zero per i lavoratori".

Secondo Aureli ciò che sarebbe ancora irrisolto nella vertenza tra Svizzera e Italia riguardante l'accordo fiscale sarebbe una questione di dati. "I dati dei frontalieri – continua il funzionario UNIA - verranno forniti all’Italia? Solo nel momento in cui l’italia sarà in possesso dei nominativi dei lavoratori frontalieri potrà creare un sistema fiscale ad hoc, dando così corso alle differenziazioni che dovrebbero essere alla base del nuovo accordo: frontalieri di categoria A e di categoria B, vecchi e nuovi frontalieri. Indipendentemente da come verranno classificati, tutto il ragionamento parte dal presupposto che servirà conoscere i nominativi dei lavoratori, non solo il numero complessivo dunque, ma anche il nome e cognome di ciascuno. Questo perché per creare una tassazione ad hoc bisognerà avere un’anagrafica dettagliata dei lavoratori frontalieri. Anagrafica che dovrà essere messa a disposizione dell’Agenzia delle Entrate. Ad oggi la Svizzera comunica unicamente il numero dei frontalieri all’Italia, ripartiti per Comune di residenza.
Questo accordo, dunque, prevederà lo scambio dei dati? Solo rispondendo a questa domanda, si potranno creare le basi per arrivare ad una soluzione che soddisfi entrambe le parti". Da notare che nel citare Aureli l'autore dell'articolo non è tassativo come viene lasciato intendere nel titolo ma sottolinea che "il condizionale è d'obbligo".

L'articolo della Provincia di Como si conclude ricordando la possibilità di una disdetta unilaterale dell'accordo del 1974 (che regola attualmente la fiscalità dei frontalieri tra Svizzera e Italia) da parte della Svizzera, sostenendo che Norman Gobbi "formalizzerà" (qualunque cosa significhi) al ministro federale dell'Economia (supponiamo si riferisca a Ueli Maurer, direttore del dipartimento delle finanze della Confederazione che sarà in Ticino prossimamente) "la decisione ticinese di dar corso alla 'clausola d’uscita' ovvero alla possibilità - confermata da uno studio dell’Università di Lucerna - di rescissione unilaterale dell’accordo del ’74".

Non esiste, a nostra conoscenza, una clausola d'uscita per il Ticino per disdire unilatermente l'accordo attualmente in vigore tra Svizzera e Italia dato che essendo un accordo firmato tra Berna e Roma solo la Confederazione (o eventualmente l'Italia) possono decidere di una sua modifica o disdetta (anche se l'autore dell'articolo sottolinea correttamente che è il Ticino a pagare per tale accordo e si è già rifiutata, temporaneamente, di farlo nel 2011). Probabilmente ciò che si voleva intendere è che Gobbi riaffermerà la volontà del canton Ticino che l'accordo del 1974 sia disdetto nel caso non venga trovata una soluzione.

Da notare infine che nell'articolo si riconosce l'importanza dei ristorni per i comuni di confine. "Con il nuovo accordo, Berna garantirà ancora i ristorni?" si chiede Aureli che definisce i pagamenti annuali del canton Ticino "vitali per i comuni di frontiera". "È chiaro – ripete a sua volta l'autore dell'articolo dopo aver citato il funzionario UNIA - che senza ristorni diretti a Comuni e realtà di confine, difficilmente il meccanismo può reggere". Segno che la minaccia di una disdetta dell'accordo del 1974 è probabilmente un ottimo strumento per far fronte sui recalcitranti governi italiani che si sono susseguiti dal 2015 (anno in cui fu formalizzato l'accordo poi mai ratificato da Roma).

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