Sport, 14 marzo 2022

“Mister Morinini? Un maestro, lo ringrazierò per sempre!”

Régis Rothenbühler ricorda il tecnico di Gudo a dieci anni dalla sua scomparsa

LUGANO - Régis Rothenbühler, attuale assistente allenatore della nazionale Under 15 rossocrociata, ha vissuto a stretto contatto con Roberto Morinini: a Lugano come giocatore (inizio anni Duemila) e poi a Bellinzona in qualità di assistente (dal 2010 al 2011). Un’esperienza che lo ha profondamente segnato. Come ci ha spiegato nell’intervista che ci ha concesso nei giorni scorsi per ricordare la figura del tecnico scomparso il 16 marzo del 2012.


Régis: lei arrivò a Lugano proprio grazie a Morinini.
Ho conosciuto il Mister quando la mia carriera di giocatore era a un bivio. Era un periodo non molto facile per il sottoscritto e da Lugano mi arrivò una chiamata, Morinini mi chiese se avessi voluto giocare nella sua squadra. Non ebbi alcun dubbio: colsi l'occasione al volo, anche perché poteva essere l'ultima per rilanciarmi. Quella scelta si rivelò azzeccata. 


Come definirebbe il tecnico sopracenerino?
Il nostro è sempre stato un rapporto schietto e onesto. E questo aspetto mi è sempre piaciuto. A differenza di altri, lui ti diceva sempre in faccia quello che pensava. Era di poche ma incisive e convincenti parole. Roberto era un conoscitore di uomini: da ognuno di loro sapeva estrapolare il meglio ma soprattutto conoscendone i pregi e i difetti cercava di adattarli al gruppo e alla sua idea di gioco. Per tornare alla domanda: una persona fuori dal comune, una rarità nel mondo del calcio. Un maestro. 


Fra voi si è istaurato subito un bel feeeling. 
Nel pieno rispetto dei ruoli. Quando ero giocatore del Lugano e anche quando ci siamo ritrovati in panchina a Bellinzona. Sapeva come ero fatto e di conseguenza provava a tirar fuori il meglio. Ma con tutti agiva così: del resto se quel Lugano d’inizio Anni Duemila è diventò una squadra di vertice e rispettata da tutti, è anche per questo motivo. Un gruppo si costruisce sulla lealtà, il senso di
appartenenza e la solidarietà. Roberto fu bravo a farci capire l'importanza di questi valori. 


Cosa rimane di quella vostra esperienza in comune?
È rimasto tutto. Ogni giorno, nella vita come sul campo, cerco di mettere in pratica gli insegnamenti e i consigli del Mister. Mi servono per migliorare: come tecnico e come uomo. Del resto con lui negli ultimi anni della sua esistenza, il nostro rapporto si è trasformato in amicizia.


Diremmo un privilegio.
Certo: posso dire che di me si fidava e nei nostri colloqui calcistici e non solo, c’era un bel
confronto. Se mi ascoltava? Sì, anche perché a lui piaceva sentire il parere degli altri. Non era un assolutista come qualcuno voleva far credere. 


Lei e il Mister avete lavorato con Helios Jermini.
Roberto ebbe un rapporto sempre molto cordiale con Jermini. Che lo lasciava lavorare in pace, senza fare ingerenze. Al contrario, per esempio, di Gabriele Giulini. Quando il presidente bianconero morì ci rimasi molto male: commise degli errori ma come persona non ho nulla da dire. Con me è sempre stato corretto.


Fu proprio Morinini a convincere Jermini a portare un certo Rothenbühler a Lugano.
Esatto. Quando gli chiese di ingaggiarmi, il presidente gli disse: “Ma lei è matto?”. Dicevano che ero un giocatore controverso e particolare e che non mi sarei adattato al progetto. Alla fine la spuntò il Mister e credo con buona pace di tutti.


Di lei il Mister disse: “Grande classe e grande personalità, un giorno potrrà fare il tecnico”. Ma, aggiunse anche: “Non si mai quando arriva all'allenamento”.
Roberto Morinini conosceva bene i suoi giocatori e sapeva come motivarli nel modo giusto... (ride, ndr).

MAURO ANTONINI

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