Molto toccante, in particolare, quel passaggio iniziale della sua dissertazione: “Non so voi, ma io quando penso alla Svizzera prima di tutto penso alla pace, all’indipendenza, alla solidarietà, all’accoglienza, al rispetto dell’altro anche se diverso, alla cultura, alla tradizione che sa innovarsi, alla natura… e soprattutto all’opportunità. Tutte queste qualità fanno della Svizzera un paese straordinario”.
Mijat, che ha appena compiuto 39 anni, è passato dal campo alla scrivania, dal Lugano al ruolo di talent manager del Team Ticino.
“Una nuova professione, impegnativa ma affascinante, anche se ho visto poco il terreno da gioco”, ci dice il ragazzo cresciuto a Riazzino, che giusto un anno fa prima di ritirarsi vinse la Coppa Svizzera, anche se saltò la finale per un infortunio. Un trofeo che il Lugano potrebbe riconquistare il prossimo 4 giugno quando affronterà il comunque favorito Young Boys a Berna. Di questo e della finale della Coppa dello scorso anno abbiamo parlato con l’ex difensore.
Mijat: il Lugano torna a Berna.
E ci sarò! È giusto sostenere i ragazzi. Stanno facendo una stagione incredibile, non è scontato fare due finali di fila. E in campionato la squadra gira che è un piacere. Sono i risultati di una programmazione seria, con delle visioni e delle scelte mirate. Il club non può che crescere.
Young Boys favorito.
Certo, e poi gioca anche in casa. Ma in questo tipo di partite il fattore casalingo conta sino ad un certo punto. Il Lugano è forte, tenace, compatto: una squadra che può dare fastidio anche ai neo campioni svizzeri. Una sfida secca, poi, sfugge ad ogni logica. Dunque: Young Boys favorito, okay, ma nemmeno troppo. Sono convinto che ce la giocheremo.
E ci saranno 11 mila tifosi ticinesi.
Mi vengono i brividi a pensarci! Al seguito non vedremo solo i fan bianconeri ma anche quelli di altre bandiere o persone che vogliono fare una scampagnata a Berna. Quando una squadra e una società ottengono dei risultati, è normale che sia così. Lo scorso anno i nostri tifosi furono meravigliosi: ricordo il loro affetto, la loro gratitudine e quegli abbracci a tutta la squadra e al nostro tecnico Croci Torti.
Maric però non fu della partita.
Ero alle prese con una fascite plantare ma giocai comunque la semifinale contro il Lucerna, consapevole che avrei rischiato di saltare l’eventuale finale. Ma volevo giocare e dare il mio contributo. In quella occasione pensai soltanto alla squadra, al fatto che avesse bisogno di me in quel momento. In futuro si sarebbe visto. Infatti andò male. Quando seppi che non avrei potuto giocare, quando cioè i medici mi dissero che la mia stagione era praticamente finita, rimasi deluso: ma in fondo lo sapevo già.
L’ex difensore vide la partita a bordo campo.
Fu una sofferenza indicibile. Ma alla fine la tensione si attenuò: avevamo vinto la Coppa! Fu una festa incredibile, in campo e fuori. Una gioia che non sentivo più dai tempi del Lokeren, quando vinsi la Coppa del Belgio per due volte.
La vittoria del Lugano non fu mai messa in discussione.
Solo nel primo tempo. Poi trovammo la rete di Custodio nei secondi finali, quando loro sembravano messi meglio. Fu la svolta, perché nella ripresa dominammo. Va comunque detto che la Coppa non si conquista solo in finale: il nostro fu un percorso molto difficile e soltanto contro lo Chaux de Fonds non riscontrammo particolari problemi. Vincemmo infatti tutte le altre sfide per un gol di scarto o ai calci di rigore (contro il Lucerna). Ricordo, per esempio, che contro lo Xamax, squadra di Challenge League, penammo all’ inverosimile e solo nel finale Lungoyi ci tolse le castagne dal fuoco.
M.A.