Ci sono tante belle parole, nel rapporto annuale del DECS sul mondo culturale ticinese, tipo “coesione”, “identità” e “sviluppo”. Ma le cifre restano terrificanti. Nei musei ticinesi entrano in media 12,3 visitatori paganti al giorno, che scenderebbero alla miseria di 6 visitatori al giorno se non fosse per l’artificio del DECS che include tra i musei anche due iniziative private – la Swissminiatur di Melide e l’Alprose di Caslano – che hanno poco a che fare con la cultura in senso stretto, ma che con le loro decine di migliaia di visitatori a testa permettono di abbellire un bilancio che altrimenti sarebbe catastrofico.
Il DECS sciacalla i privati
Senza sorpresa, la Swissminiatur di Melide è infatti ancora una volta il “museo” più visitato del Ticino. L’anno scorso le costruzioni in miniatura sono state ammirate da 119’485 persone, un po’ meno rispetto all’anno precedente, ma quanto basta per mantenere saldamente il primato cantonale. Al secondo posto nella classifica dei “musei” si piazza l’Alprose di Caslano, dove invece i visitatori sono aumentati. L’anno scorso 85’000 persone hanno varcato le porte della fabbrica di cioccolato malcantonese, oltre il 10% in più rispetto all’anno precedente. Non si sa quanta “cultura” abbiano assorbito questi visitatori, ma è certo che ognuno di loro sarà uscito con qualche cioccolatino in pancia e probabilmente con qualche tavoletta in borsa. Tutto pagato rigorosamente di tasca propria, esattamente come le due strutture si finanziano di tasca propria, visto che il DECS non elargisce contributi né alla Swissminiatur né all’Alprose. Si limita a sciacallarne i visitatori per darsi delle arie.
Un affare per pochi intimi
“La cultura è un elemento essenziale per la coesione sociale, per l’identità collettiva e per lo sviluppo economico del nostro territorio”, scrive il DECS nel rapporto, dando l’impressione di crederci veramente. E in effetti la cultura potrebbe anche dare un contributo positivo al Paese. Se solo però riuscisse a raggiungere il Paese. Perché in Ticino, al contrario, si spendono vagonate di milioni per allestire mostre ed esibizioni che interessano sempre e solo pochi intimi.
Dovrebbe far riflettere il fatto che a Mendrisio accolga più visitatori la Galleria Baumgartner, un’esposizione di trenini interamente in mani private, aperta solo nei fine settimana, rispetto al tanto decantato Museo Vincenzo Vela, che a sentire taluni parrebbe un’eccellenza ammirata a livello mondiale ma che alla prova dei fatti è un edificio quasi deserto, sebbene sia aperto sei giorni su sette. Fanno più “cultura” i modellini ferroviari collezionati durante la sua vita dal signor Baumgartner che le opere degli artisti Vincenzo, Lorenzo e Spartaco Vela, sebbene queste ultime siano affidate alla cura della lautamente stipendiata direttrice Antonia Nessi, figlia dell’acclamato scrittore (ovviamente di $inistra) Alberto Nessi.
In cifre, alla Galleria Baumgartner sono entrate sull’arco di un intero anno 7’594 persone, al Museo Vincenzo Vela solamente 4’958 persone. E questo nonostante a Ligornetto tutti gli iscritti ai sindacati UNIA, VPOD, OCST abbiano diritto a uno sconto del 20% sul biglietto di entrata, per permettere loro di “acculturarsi”. Ma evidentemente anche ai sindacalizzati piacciono di più i trenini – o la cioccolata o i modellini della Svizzera in miniatura - che la cultura calata dall’alto.
Le visite “forzate”
Come biasimarli? Siamo ancora in un mondo libero (fino a quando?) e ognuno va dove preferisce andare. Tranne se si è studenti e si è costretti a partecipare alle visite museali decise dai propri insegnanti. E per fortuna che ci sono ancora queste visite museali forzate! Non tanto per gli studenti, che nella maggior parte dei casi usciranno più “annoiati” che “acculturati”, ma per il DECS, che così può gonfiare le proprie statistiche di affluenza nei musei.
Difatti, tra le 573’714 persone che risultano avere visitato l’anno scorso un museo ticinese, solo 392’709 persone risultano come “visitatori paganti”. Tutti gli altri sono entrati gratuitamente, in buona parte dei casi poiché obbligati dai propri docenti. Ci mancherebbe anche che avessero dovuto pagare!
Spese esorbitanti, incassi irrisori
Va poi evidenziato che tra quei 392’709 visitatori paganti, oltre la metà ha pagato per entrare alla Swissminiatur di Melide o all’Alprose di Caslano. Ad aver aperto il borsellino per visitare un “museo” nel vero senso del termine sono quindi meno di 200’000 persone. Tra queste, circa un terzo è andata al MASI, il Museo d’arte della Svizzera italiana, una struttura che spende oltre 8,5 milioni di franchi all’anno, di cui 4 milioni solo per il personale. In compenso i ricavi dalle attività espositive sono ammontati nel 2023 ad appena mezzo milione (507’805 franchi, per l’esattezza). Questo significa che, fatte salve eventuali sponsorizzazioni, tutta la parte restante (ossia 8 milioni di franchi) ha dovuto essere coperta da pantalone, ovvero da tutti noi contribuenti.
Spendiamo più di Berna
Perché purtroppo con la cultura non si mangia. In Ticino c’è ancora qualcuno che si illude di poter compensare il ridimensionamento della piazza finanziaria con una crescita del mondo culturale. Ma la realtà è che il mondo culturale ha il solo effetto di appesantire ulteriormente i già pesanti conti pubblici. Nel 2023 la spesa della Divisione della cultura e degli studi universitari (DCSU) ha superato per la prima volta i 250 milioni di franchi. È vero che la parte del leone l’hanno fatta i contributi alle università, ma anche la cultura si è pappata la sua fetta di torta. Il Ticino risulta essere l’ottavo Cantone con la spesa culturale pro capite più elevata. Spendiamo più di realtà molto più affermate come Lucerna o Berna, eppure raccogliamo solo le briciole. Forse qualcuno al DECS qualche domanda dovrebbe farsela.
Perseverare è diabolico
Che senso ha continuare a spendere vagonate di milioni per mantenere in vita strutture museali che attirano in media la miseria di 12 visitatori al giorno, che diventano 6 visitatori al giorno se si tolgono dal computo la Swissminiatur e l’Alprose? Va bene la cultura elitaria, ma in tempi di ristrettezze finanziarie sarebbe il caso di chiedersi se valga la pena salvare “musei” che contano più curatori che visitatori.
Sono domande che bisognerebbe porsi. Ma purtroppo nessuno se le pone. In ambito culturale si preferisce continuare a spendere come se non ci fosse un domani, cullandosi nell’illusione di contribuire a rendere il mondo un posto migliore. In realtà lo si rende solo più povero. Come quando si spendono 9,5 milioni di franchi solo per “progettare” la nuova sede di Locarno del Museo di storia naturale. Una struttura dove arrivano, classi comprese, meno di 20.000 visitatori all’anno. Questo significa che il Cantone sta spendendo 500 franchi per ogni singolo visitatore. Manco fossimo al Louvre!
M. C.
*Dal MDD
Il DECS sciacalla i privati
Senza sorpresa, la Swissminiatur di Melide è infatti ancora una volta il “museo” più visitato del Ticino. L’anno scorso le costruzioni in miniatura sono state ammirate da 119’485 persone, un po’ meno rispetto all’anno precedente, ma quanto basta per mantenere saldamente il primato cantonale. Al secondo posto nella classifica dei “musei” si piazza l’Alprose di Caslano, dove invece i visitatori sono aumentati. L’anno scorso 85’000 persone hanno varcato le porte della fabbrica di cioccolato malcantonese, oltre il 10% in più rispetto all’anno precedente. Non si sa quanta “cultura” abbiano assorbito questi visitatori, ma è certo che ognuno di loro sarà uscito con qualche cioccolatino in pancia e probabilmente con qualche tavoletta in borsa. Tutto pagato rigorosamente di tasca propria, esattamente come le due strutture si finanziano di tasca propria, visto che il DECS non elargisce contributi né alla Swissminiatur né all’Alprose. Si limita a sciacallarne i visitatori per darsi delle arie.
Un affare per pochi intimi
“La cultura è un elemento essenziale per la coesione sociale, per l’identità collettiva e per lo sviluppo economico del nostro territorio”, scrive il DECS nel rapporto, dando l’impressione di crederci veramente. E in effetti la cultura potrebbe anche dare un contributo positivo al Paese. Se solo però riuscisse a raggiungere il Paese. Perché in Ticino, al contrario, si spendono vagonate di milioni per allestire mostre ed esibizioni che interessano sempre e solo pochi intimi.
Dovrebbe far riflettere il fatto che a Mendrisio accolga più visitatori la Galleria Baumgartner, un’esposizione di trenini interamente in mani private, aperta solo nei fine settimana, rispetto al tanto decantato Museo Vincenzo Vela, che a sentire taluni parrebbe un’eccellenza ammirata a livello mondiale ma che alla prova dei fatti è un edificio quasi deserto, sebbene sia aperto sei giorni su sette. Fanno più “cultura” i modellini ferroviari collezionati durante la sua vita dal signor Baumgartner che le opere degli artisti Vincenzo, Lorenzo e Spartaco Vela, sebbene queste ultime siano affidate alla cura della lautamente stipendiata direttrice Antonia Nessi, figlia dell’acclamato scrittore (ovviamente di $inistra) Alberto Nessi.
In cifre, alla Galleria Baumgartner sono entrate sull’arco di un intero anno 7’594 persone, al Museo Vincenzo Vela solamente 4’958 persone. E questo nonostante a Ligornetto tutti gli iscritti ai sindacati UNIA, VPOD, OCST abbiano diritto a uno sconto del 20% sul biglietto di entrata, per permettere loro di “acculturarsi”. Ma evidentemente anche ai sindacalizzati piacciono di più i trenini – o la cioccolata o i modellini della Svizzera in miniatura - che la cultura calata dall’alto.
Le visite “forzate”
Come biasimarli? Siamo ancora in un mondo libero (fino a quando?) e ognuno va dove preferisce andare. Tranne se si è studenti e si è costretti a partecipare alle visite museali decise dai propri insegnanti. E per fortuna che ci sono ancora queste visite museali forzate! Non tanto per gli studenti, che nella maggior parte dei casi usciranno più “annoiati” che “acculturati”, ma per il DECS, che così può gonfiare le proprie statistiche di affluenza nei musei.
Difatti, tra le 573’714 persone che risultano avere visitato l’anno scorso un museo ticinese, solo 392’709 persone risultano come “visitatori paganti”. Tutti gli altri sono entrati gratuitamente, in buona parte dei casi poiché obbligati dai propri docenti. Ci mancherebbe anche che avessero dovuto pagare!
Spese esorbitanti, incassi irrisori
Va poi evidenziato che tra quei 392’709 visitatori paganti, oltre la metà ha pagato per entrare alla Swissminiatur di Melide o all’Alprose di Caslano. Ad aver aperto il borsellino per visitare un “museo” nel vero senso del termine sono quindi meno di 200’000 persone. Tra queste, circa un terzo è andata al MASI, il Museo d’arte della Svizzera italiana, una struttura che spende oltre 8,5 milioni di franchi all’anno, di cui 4 milioni solo per il personale. In compenso i ricavi dalle attività espositive sono ammontati nel 2023 ad appena mezzo milione (507’805 franchi, per l’esattezza). Questo significa che, fatte salve eventuali sponsorizzazioni, tutta la parte restante (ossia 8 milioni di franchi) ha dovuto essere coperta da pantalone, ovvero da tutti noi contribuenti.
Spendiamo più di Berna
Perché purtroppo con la cultura non si mangia. In Ticino c’è ancora qualcuno che si illude di poter compensare il ridimensionamento della piazza finanziaria con una crescita del mondo culturale. Ma la realtà è che il mondo culturale ha il solo effetto di appesantire ulteriormente i già pesanti conti pubblici. Nel 2023 la spesa della Divisione della cultura e degli studi universitari (DCSU) ha superato per la prima volta i 250 milioni di franchi. È vero che la parte del leone l’hanno fatta i contributi alle università, ma anche la cultura si è pappata la sua fetta di torta. Il Ticino risulta essere l’ottavo Cantone con la spesa culturale pro capite più elevata. Spendiamo più di realtà molto più affermate come Lucerna o Berna, eppure raccogliamo solo le briciole. Forse qualcuno al DECS qualche domanda dovrebbe farsela.
Perseverare è diabolico
Che senso ha continuare a spendere vagonate di milioni per mantenere in vita strutture museali che attirano in media la miseria di 12 visitatori al giorno, che diventano 6 visitatori al giorno se si tolgono dal computo la Swissminiatur e l’Alprose? Va bene la cultura elitaria, ma in tempi di ristrettezze finanziarie sarebbe il caso di chiedersi se valga la pena salvare “musei” che contano più curatori che visitatori.
Sono domande che bisognerebbe porsi. Ma purtroppo nessuno se le pone. In ambito culturale si preferisce continuare a spendere come se non ci fosse un domani, cullandosi nell’illusione di contribuire a rendere il mondo un posto migliore. In realtà lo si rende solo più povero. Come quando si spendono 9,5 milioni di franchi solo per “progettare” la nuova sede di Locarno del Museo di storia naturale. Una struttura dove arrivano, classi comprese, meno di 20.000 visitatori all’anno. Questo significa che il Cantone sta spendendo 500 franchi per ogni singolo visitatore. Manco fossimo al Louvre!
M. C.
*Dal MDD