Ticino, 25 novembre 2024

Allerta frontalieri, alla SUPSI sono più che raddoppiati

Sempre più assunzioni oltre ramina – In vari ambiti gli svizzeri sono in minoranza

Bastava una rapida occhiata al posteggio del nuovo campus universitario USI/SUPSI di Viganello per rendersene conto. Bastava vedere il gran numero di targhe italiche per capire che il meraviglioso (?) edificio grigio realizzato sul sedime ex Campari per la modica cifra di 126 milioni di franchi ospita in gran parte frontalieri. Ma caso mai qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi, caso mai qualcuno pensasse che quelle auto italiche fossero posteggiate lì per caso, ecco che ci ha pensato ora il Consiglio di Stato a fugare ogni dubbio. No, quelle auto azzurre non sono posteggiate lì per caso. Sì, i frontalieri hanno invaso anche il nuovo campus universitario luganese e in certi ambiti sono ormai più numerosi degli svizzeri!
 
La carica dei 400 azzurri
Per la precisione, i dipendenti frontalieri della SUPSI sono ormai 225, secondo i dati aggiornati forniti in settimana dal Consiglio di Stato. Altri 175 frontalieri sono impiegati all’USI, in parte come docenti ma spesso anche solo come impiegati amministrativi. Ciò significa che in totale USI e SUPSI contano la bellezza (o la bruttezza) di 400 dipendenti frontalieri! E questo considerando solo i frontalieri ufficialmente dichiarati come tali, visto che l’enorme presenza di collaboratori italiani con un permesso di dimora (permesso B) lascia supporre che il numero di veri frontalieri assunti da USI e SUPSI sia ancora maggiore! Un obbrobrio, se si pensa che i due istituti universitari sono stati voluti e creati con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo economico del nostro Cantone. In realtà stanno facendo l’esatto contrario. USI e SUPSI utilizzano i soldi dei ticinesi per contribuire ad accelerare l’invasione azzurra del Ticino e così arricchire i territori di oltre frontiera. Complimenti!
 
Un aumento vertiginoso
E ciò che lascia più allibiti è che il numero di frontalieri all’USI e alla SUPSI continua ad aumentare vertiginosamente. D’altra parte, si sa che un frontaliere tira l’altro (suo cugino, la sua vicina di casa, sua cognata) ma si poteva sperare che in due istituzioni finanziate dall’ente pubblico come USI e SUPSI vi fossero comunque dei freni, che vi fosse comunque una qualche forma di tutela della manodopera residente. Invece no. Come tutto il resto dell’economia ticinese, anche USI e SUPSI parrebbero essere state lasciate in balia dell’assalto azzurro, senza la benché minima rete di protezione.

 
Prendiamo qualche cifra. Nel 2019, rispondendo a un’interrogazione dell’allora gran consigliere leghista Massimiliano Robbiani, il Consiglio di Stato ammise che tra il personale accademico, tecnico-amministrativo e dirigenziale della SUPSI si contavano allora 109 frontalieri, in leggero aumento rispetto agli anni precedenti. 109 frontalieri erano oggettivamente un’enormità, per cui si poteva sperare che i vertici della SUPSI tentassero di correggere il tiro, assumendo più residenti o almeno chiedendo ai dipendenti frontalieri di spostare il proprio domicilio in Ticino. Invece è accaduto l’esatto contrario. Da allora i frontalieri alla SUPSI sono aumentati in maniera esponenziale, visto che ora il Consiglio di Stato ne ha contati 225. Nel giro di soli cinque anni, dunque, i frontalieri impiegati dalla SUPSI sono più che raddoppiati! Alla faccia di “prima i nostri”.
 
Di ticinesi ne restano pochi
La situazione è particolarmente preoccupante in alcuni ambiti, come il Dipartimento tecnologie innovative (DTI) ospitato nel meraviglioso (?) edificio grigio di Viganello. Lì dentro il 24% del personale è rappresentato da frontalieri, cui va sommato un 23% di permessi B. Quasi la metà dei dipendenti proviene quindi da oltreconfine. Se si considera solo il personale accademico, la percentuale di frontalieri sale al 32% e quella dei permessi B al 43%, mentre per quanto riguarda il cosiddetto “corpo intermedio” la percentuale di frontalieri è addirittura del 42% e quella dei dimoranti del 34%. Di spazio per i ticinesi, o più in generale per i residenti in Ticino, ne resta quindi ben poco. Difatti in questi due ambiti i residenti svizzeri sono solo il 16%, rispettivamente il 21%, mentre i residenti stranieri con permesso C, quindi quelli di lunga data, sono solo l’8%, rispettivamente il 3%. Una piccola minoranza ormai sopraffatta dalla valanga italica. E poi ci si chiede come mai così pochi studenti svizzero tedeschi o romandi vengono a studiare in Ticino. Già, chissà perché! Molto probabilmente è perché hanno capito l’andazzo che tira in Ticino e hanno preferito restarne in disparte, come del resto stanno facendo i giovani ticinesi, che vanno a studiare a nord delle Alpi e non tornano più indietro. Mica scemi! Non c’è mica solo il sole nella vita!
 
Frontalieri anche negli uffici
E purtroppo l’avanzata italiota non travolge solo le posizioni accademiche, quelle in cui qualcuno può ritenere che si debbano assumere le migliori eccellenze mondiali (ovviamente sempre tutte residenti nelle province di Varese e Como, mai in Cina o in California). No, l’avanzata tricolore travolge anche i servizi amministrativi, quelli dove non bisogna per forza essere un luminare di fama mondiale per svolgere il proprio compito in maniera soddisfacente. Ebbene, nei servizi amministrativi dell’USI si contano 39 frontalieri e altri 15 dimoranti con permesso B, che insieme rappresentano più del 20% del personale d’ufficio dell’ateneo.
 
Non sorprende, poi, che in altri ambiti l’invasione di frontalieri sia ancora più marcata. All’Istituto di media e giornalismo (IMeG), i dipendenti residenti oltre ramina sono il 23,5%, all’Istituto di ricerche economiche (il famoso IRE) il 20% e all’Istituto di salute pubblica (IPH) il 35,7%.
 
Fanno tutto tra loro, e noi paghiamo
All’Accademia di architettura di Mendrisio si contano invece 64 frontalieri, che insieme rappresentano oltre il 30% di tutto il personale accademico, dagli assistenti ai professori di ruolo. Alla Facoltà di comunicazione i frontalieri sono 25, ma in questo caso rappresentano “solo” il 12,82% di tutto il personale accademico. Altri 12 frontalieri lavorano nella nuova Facoltà di scienze biomediche, ancora altri 12 alla Facoltà di scienze economiche e infine 23 alla Facoltà di scienze informatiche. Complessivamente sono quindi più di 200 i lavoratori italiani residenti in Italia che vengono all’USI a fornire i loro insegnamenti agli studenti, anch’essi in larga maggioranza italiani residenti in Italia. Che tristezza! Non è sicuramente questa l’università immaginata dal Nano, non è sicuramente questa l’università di cui aveva bisogno il Ticino.
 
G.M.
*Dal MDD

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