RSI - Canone più caro del mondo, risultati in calo. È questa la fotografia più nitida della RSI (e della SSR nel suo complesso) sei mesi dopo l’addio alle frequenze FM. Con oltre 300 franchi all’anno versati da ogni economia domestica e migliaia di franchi a carico delle PMI per finanziare l’infrastruttura pubblica, la radiotelevisione di Stato arranca. Secondo gli ultimi dati di Mediapulse, le radio RSI hanno perso 14,1 punti percentuali di penetrazione, e circa 13% di quota di mercato.
La SSR prova a minimizzare parlando di “evoluzione prevista” dovuta all’abbandono delle frequenze FM e al passaggio al DAB+. Ma la realtà è che le nuove abitudini d’ascolto non bastano a giustificare una simile fuga del pubblico, in particolare nella Svizzera italiana. A fare da contraltare ci sono le emittenti private. Con Radio3i che guadagna il 3% di quota di mercato e e RadioTicino che guardagna quasi il 5%. Questo risultato corrisponde ad una crescita di circa il 30% in un anno e rappresenta un modello efficiente che dimostra come si possa competere anche senza gravare in maniera eccessiva sulle tasche dei cittadini.
Due modelli, due mondi. Da una parte un colosso pubblico che perde ascoltatori ma continua a costare caro alle famiglie e alle aziende; dall’altra un’emittente privata che cresce, innova e conquista il pubblico pesando poco sulle finanze pubbliche. La domanda sorge spontanea: quanto è sostenibile continuare a finanziare a colpi di canone un servizio sempre meno ascoltato?