Non tutti ovviamente, perché nessuno, o quasi, fa l’unanimità. Comunque: nel 1995, subito dopo il trionfo di San Siro (targato Roberto Morinini, con il quale aveva un forte rapporto di amicizia), Jermini diventò il numero 1 del Lugano, sostituendo Tullio Calloni, il presidente dal volto umano. Fu proprio in quel periodo che il boss di Montagnola alzò l’asticella delle ambizioni e, dopo aver digerito a malapena la relegazione del 1997, ricostrùi il Lugano con grande energia ma anche investendo soldi prelevati dai soldi dei suoi clienti, come dimostreranno poi le varie inchieste giudiziarie. “Aveva il Lugano nel cuore e voleva portarlo in alto. Un sogno folle di gloria che lo induceva a delinquere” dirà anni dopo un ex dirigente che lo aveva allertato.
Dopo aver sfiorato il titolo nel 2001 (secondo dietro al Grasshoppers), il Lugano cominciò la sua discesa verso gli inferi. L’anno successivo cominciarono ad uscire notizie inquietanti: il club è sommerso dai debiti e rischia il fallimento. Notizie smentite dal presidente, anche se tutto lasciava intendere che il destino fosse segnato. Del resto, un paio di anni prima Jermini si era affidato al presunto imprenditore romano Pietro Belardelli per risanare le casse. Quest’ultimo, un ciarlatano come dimostreranno le inchieste e il suo percorso personale (finì anche in galera per sospetto riciclaggio), promise mare e monti ma alla fine se ne andò, lasciando Jermini in brache di tela.
Nei pressi di Brusino
Ad inizio marzo 2002, il presidente scomparve discena. Due giorni prima, era presente a Ginevra in tribuna ad assistere alla sfida fra Servette e Lugano. Nulla lasciava presagire a ciò che sarebbe successo. Ma il giorno 7 la sua macchina e il suo corpo senza vita furono ritrovati sul fondo del lago Ceresio nei pressi di Brusino. Gli inquirenti scartarono subito la tesi del delitto: dai risultati dell'autopsia, si appurò che sul corpo di Jermini non c’erano tracce di ferite o di colpi legati ad una qualsiasi aggressione. Per il Lugano e il mondo del calcio fu una brutta botta. Il club rischiava davvero il fallimento: venne a galla che una grossa fetta dei soldi sottratti ai clienti erano stati investiti nel club (45 milioni). Un anno dopo cadrà infatti la mannaia. La sera stessa della sua scomparsa a Cornaredo le bandiere furono issate a mezz’asta. Helios Jermini, l’uomo che aveva un sogno (folle), se n’era andato.
JACK PRAN