Un attacco sofisticato ha portato al furto di 1,46 miliardi di dollari in criptovalute lo scorso 21 febbraio. Una somma da capogiro, eppure è il bottino che un gruppo di hacker nordcoreani, sostenuti dal governo di Pyongyang, ha rubato in un unico attacco. Questo furto digitale diventa così il più grande furto della storia, riferisce la testata britannica “Telegraph” martedì 25 febbraio.
Con questo bottino record, il furto nordcoreano supera addirittura quello orchestrato da Saddam Hussein nel 2003, quando il dittatore iracheno sequestrò un miliardo di dollari alla Banca Centrale dell'Iraq, poco prima della guerra, e segna nuova era del crimine in cui le rapine più grandi non avvengono più nelle casseforti, ma nel cyberspazio.
In pochi minuti questi hacker si sono infiltrati nei sistemi di Bybit, la seconda piattaforma di criptovalute più grande al mondo, con sede a Dubai. Il loro obiettivo: la valuta digitale Ether. Questa straordinaria rapina illustra perfettamente la strategia di Kim Jong Un, che fa affidamento su unità hacker d'élite per compensare la debolezza della sua economia. Secondo la società di analisi Chainalysis, questo attacco è un “forte promemoria” del livello di sofisticazione raggiunto dai criminali informatici del regime nordcoreano.
Il gruppo Lazarus, sospettato di essere dietro questo furto, semina il terrore tra le aziende occidentali da oltre un decennio. A suo merito: attacchi su larga scala che hanno già causato perdite per miliardi di dollari. Ma questa volta gli agenti di Kim Jong Un hanno colpito ancora più duramente.
“Non abbiamo mai visto un’operazione di questa portata prima. La capacità di queste reti finanziarie illecite di assorbire somme così ingenti in così poco tempo è estremamente preoccupante”, avverte Nick Carlsen, ex analista dell’FBI specializzato in Corea del Nord.
Pyongyang ha infatti trasformato il crimine informatico in una vera e propria industria. La società di analisi Elliptic descrive Lazarus come “il gruppo di hacker più sofisticato e ben finanziato al mondo”. E per una buona ragione, questi attacchi informatici non sono semplici manovre criminali, ma una fonte fondamentale di finanziamento per il regime. Secondo la CNN, quasi la metà del programma missilistico della Corea del Nord è stato finanziato attraverso queste rapine digitali. Una guerra silenziosa, ma con conseguenze molto reali.