Karl Engel: il Ticino del calcio non vince più nulla dal 1993, da quando lei guidò il Lugano al trionfo in Coppa Svizzera contro il Grasshopper.
Preistoria, il secolo scorso…Altro calcio, si giocava a due all’ora. Chi guardava le partite sul divano di casa rischiava di addormentarsi…
Scusi?
Mi spiego: tanta gente ancora oggi mi chiede di quella finale e dice che dopo di me nessuno ha più vinto nulla di importante in Ticino. E io rispondo che sono stufo di sentir parlare di primato che resiste e di ultimo tecnico vincente. Ripeto: era un altro calcio, oggi si gioca in modo diverso, con altre dinamiche.
Però, dopo di lei il diluvio…
Ma no… Il nostro calcio ha avuto altri momenti emozionanti. Però, adesso è ora di tornare a vincere. Per il Lugano, per il Ticino, per ridare fiato ad un movimento che ha bisogno di nuove emozioni.
Come quelle vissute durante la sua gestione.
Guardi, io sono giunto a Lugano da giocatore portando un bagaglio di esperienza importante: avevo vinto due Coppe ed un campionato col Servette ed avevo vissuto una bellissima esperienza nelle Coppe europee con lo Xamax. E come allenatore ho sempre cercato di trasmettere quello che avevo imparato. Ci mettevo anche del mio: avevo una carica interiore incredibile, mi piaceva caricare i giocatori, stimolarli e farli rendere al massimo.
Ci è riuscito?
Direi di sì, anche se ho un rammarico: quello di aver sollecitato emotivamente troppo la squadra prima della finale del 1992, finale che poi perdemmo contro il Lucerna già relegato. Avevo detto ai miei giocatori che giungendo all’atto decisivo era un po’come po’come gustare il dessert. Invece non era vero: quella partita era il piatto principale! Peccato. Ancora oggi mi spiace tanto di aver perso la sfida contro Knup e soci.
Però l’anno dopo vi siete riscattati.
Certo, in un certo senso cancellammo gli incubi lucernesi. Fu una delle migliori partite della mia gestione. Gioco, passione, e soprattutto orgoglio. Di esserci ancora, di rappresentare una intera regione.
25 anni dopo il trionfo del Grande Lugano.
Giocatore simbolo?
Tita Colombo! Aveva un impatto incredibile sul gruppo Trasmetteva orgoglio senso di appar gruppo. orgoglio, appartenenza e grinta. Diceva: “Dobbiamo battere questi zuchini, chi pensano di
essere?” Lui fu il nostro leader, la squadra da questo punto di vista lo seguì a meraviglia.
Prima si parlava di emozioni: anche nelle semifinali di Coppa ne avete vissute tantissime.
Esatto. In particolare quella del 1992 contro il Servette. Contro i ginevrini vincemmo ai supplementari malgrado Philippe Walker fu costretto ad uscire dal campo per infortunio. Ero con le spalle al muro: con le sostituzioni esaurite, avrebbe dovuto giocare in porta un giocatore di movimento. Si offrì suo fratello Marco…
Deciso e determinato, fra l’altro
Esatto. Mi disse: gioco io! Il suo coraggio e la sua grinta mi convinsero. Scrisse, con i suoi compagni, una delle più belle pagine della storia del club. Con abnegazione e sacrificio andammo in finale.
Prima si parlava di emozioni: anche nelle semifinali di Coppa ne avete vissute tantissime.
Esatto. In particolare quella del 1992 contro il Servette. Contro i ginevrini vincemmo ai supplementari malgrado Philippe Walker fu costretto ad uscire dal campo per infortunio. Ero con le spalle al muro: con le sostituzioni esaurite, avrebbe dovuto giocare in porta un giocatore di movimento. Si offrì suo fratello Marco…
Deciso e determinato, fra l’altro
Esatto. Mi disse: gioco io! Il suo coraggio e la sua grinta mi convinsero. Scrisse, con i suoi compagni, una delle più belle pagine della storia del club. Con abnegazione e sacrificio andammo in finale.
E l’anno dopo ecco un’altra semifinale da brividi, avversario lo Xamax.
Giocammo i supplementari contro una squadra che probabilmente ci era superiore. Ormai eravamo abituati ad affrontare partite e situazioni difficili. Già contro lo Young Boys negli ottavi eravamo passati ai rigori…
Quel Lugano era una squadra con tanti giocatori indigeni.
Era la nostra forza. E il pubblico gradiva la linea adottata dal club, una linea che privilegiava i giovani e non si faceva problemi a schierarli in prima squadra. Tante società, prendo il San Gallo o lo stesso Lucerna, per qualche stagione hanno abbandonato questa strada e i risultati si sono visti. Adesso entrambe hanno cambiato politica e l’entusiasmo è tornato.
A proposito: giovedì contro il Lucerna servirà l’appoggio costante del pubblico.
Senza dubbio. Quando si giocano partite di questo tipo i tifosi possono diventare il dodicesimo uomo in campo. Sembra banale dirlo ma è così.
Il Lucerna, fra l’altro, non evoca buoni ricordi.
Il passato non conta. La squadra di Croci Torti ha i numeri per raggiungere la finale. La società vuole questa Coppa, il pubblico e la città la vogliono. Ma prima i bianconeri hanno un altro impegno da assolvere a Losanna. Una partita delicata, perché i vodesi sono in leggera ripresa. Che va vinta, perché la qualificazione all’Europa passa anche attraverso il campionato. Insomma: bisogna stare concentrati su ogni gara.
Ma secondo lei i giocatori pensano già alla Coppa?
È normale che ci pensino. Ci mancherebbe. Ma senza farsi condizionare. Il Mister, ne sono convinto, saprà sdrammatizzare!
In casa bianconera preoccupa l’inaffidabilità dei portieri. Osigwe domenica scorsa contro il Sion non ci ha fatto una bella figura.
Lui e Saipi sono giovani ed hanno bisogno di crescere. Non darei un giudizio così negativo sul loro conto. Però una cosa è sicura: Osigwe è il portiere designato di Coppa ma domani a Losanna deve giocare lui. Ha bisogno di prepararsi al meglio.
È comunque chiaro che il Lugano abbia bisogno di un portiere per il futuro.
Non posso esprimere giudizi. Ripeto: Saipi e Osigwe devono crescere e Baumann quest’anno ha giocato poco. Non mettiamo loro troppa pressione.
La tradizione dei grandi portieri del FC Lugano (Prosperi, Engel, Walker e Razzetti) ha subito uno stop.
Non esageriamo. E poi in campo ci vanno undici giocatori….
MAURO ANTONINI